La pandemia da virus SARS-Cov-2 ha investito anche il fenomeno migratorio di cui il CIRMiB si occupa, ponendosi numerosi interrogativi sulle gravi e durature ricadute a livello economico, politico, sociale e militare, e sui luoghi di origine delle migrazioni internazionali a bassa protezione sanitaria e ad alta densità di popolazione subiranno. Le principali tendenze, trend e cambiamenti rilevati all’interno dei processi migratori come diretta conseguenza dell’epidemia mondiale, si trovano riportati ed analizzati nel MigraREport 2020, il rapporto annuale elaborato dal Centro di Iniziative e Ricerche sulle Migrazioni Brescia (CIRMiB), quest’anno intitolato “Lontani ma vicini. L'immigrazione in provincia di Brescia nel 2019-20”.
Un lavoro di ricerca, rilevazione ed elaborazione di dati che, come ha fatto notare Direttore della sede bresciana Giovanni Panzeri, «non si è fermato nemmeno di fronte alle oggettive difficoltà generate dalla pandemia e dal lockdown, di fronte ai quali il CIRMiB non ha tirato i remi in barca. Tutt’altro, la ricerca elaborata fornisce indicazioni molto utili ad istituzioni come quelle bresciane, la cui attività si svolge in ambito territoriale in cui la presenza straniera è statisticamente alta».
Dopo l’introduzione di Mariagrazia Santagati, Segreteria scientifica CIRMiB, una prima lettura dei dati è stata fornita dalla collaboratrice del CIRMiB Francesca Piozzi.
«57.958 è il numero dei cittadini stranieri a Brescia (+0,4% rispetto al 2019), pari al 12,5% della popolazione bresciana e all’11,9% di quella lombarda. Aumenta in modo significativo il numero di bambini nati da coppie formate da un genitore straniero e uno italiano, mentre calano le nascite tra coppie straniere, sintomo che si stanno occidentalizzando. Nel 2019 in diminuzione gli sbarchi (-50% rispetto al 2018) come le domande di matrimonio (-57% rispetto al 2018) diretta conseguenza dell’introduzione delle legge 132/2018, meglio nota come “Decreto sicurezza”, che ha modificato le norme di concessione della cittadinanza e in merito all’accoglienza dei richiedenti asilo/rifugiati».
Anche il sistema scolastico rappresenta un osservatorio privilegiato per lo studio del fenomeno d’integrazione. La sezione statistica del MigraREport 2020 contiene infatti dati relativi all’integrazione scolastica e ai profitti scolastici ottenuti dagli alunni stranieri, considerati indicatore della loro integrazione e della capacità del sistema scolastico di assicurare l’uguaglianza di opportunità tra nativi e immigrati. Nell’anno scolastico 2018/19 gli studenti stranieri nel complesso di tutte le scuole statali e non statali della provincia di Brescia sono stati a 33.053, pari al 18% degli studenti (con un incremento dello 0,2% sull’a.s. precedente). Negli ultimi anni ha visto aumentare le percentuali di studenti stranieri iscritti nei licei (il 20% sul totale). Questi ultimi hanno successo nell’apprendimento in materie come l’inglese e la matematica, mentre è più accentuato è il divario con l’italiano. Per quanto riguarda l’università, nei due atenei bresciani, durante l’a.a. 2018/19 si è avuto un incremento di iscritti stranieri (+2%) Dei 1.206 stranieri iscritti a Brescia, l’83% frequenta l’Università degli studi e il 17% l’Università Cattolica.
«Brescia è la quarta provincia in Italia per numero di studenti immigrati - ha infatti evidenziato Paolo Barabanti, docente di sociologia dell’educazione - Un dato che acquista ancor più rilievo se si pensiamo che alle prime tre posizioni ci sono capoluoghi di regione come Milano, Roma e Torino. Brescia è quarta in Lombardia anche per numero di studenti stranieri iscritti all’università mentre sul fronte della DAD nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado il lockdown ha rinforzato le disuguaglianze sia dal punto di vista del possesso di strumenti e Devices tecnologici che dal saperli utilizzare in famiglia».
Il binomio Covid-migrazioni, letto in una prospettiva sanitaria, ha messo in luce l’importanza della narrazione della malattia nel processo transculturale. Per questo secondo la ricercatrice Linda Lombi la sfida è triplice e riguarderà «l’ambito conoscitivo poiché queste popolazioni tendono all’invisibilità e ad effettuare meno screening, l’ambito della comprensione di come la malattia incida nella biografia personale, e l’ambito dell’assistenza che dovrà essere specifica».
«Il loro isolamento o la minore integrazione ha favorito il permanere degli stranierientro delle cerchie di per sé protette. Gli immigrati si sono organizzati per far fronte alla pandemia anche sul piano religioso e solidaristico, partecipando alla distribuzione di pacchi alimentari anche al di fuori delle loro cerchie» ha evidenziato Maddalena Colombo, Direttrice CIRMiB.
E mentre Guia Gilardoni, assegnista di ricerca in Cattolica, ha rilevato come «la profonda conoscenza del tema migrazioni nell’ultimo ventennio sia da imputare alla crescita esponenziale delle ricerca condotta in ambito accademico, in dialogo con opinioni e percezioni della società civile», l’assessore alle politiche per la famiglia, persona e sanità del Comune di Brescia, Marco Fenaroli ha fatto notare come «l’età anagrafica mediamente più giovane e la minor incidenza di accesso al servizio sanitario abbiano generato l’errata percezione primaverile per cui gli stranieri fossero meno soggetti al contagio da Covid-19».
Nell’area bresciana di cui il CIRMiB dà consueto conto nel MigraREport, infatti, i dati sanitari raccolti lo scorso aprile, complice il difficoltoso monitoraggio della situazione infettiva e sanitarie fra le famiglie straniere, confermano una sotto-rappresentazione della componente straniera tra i malati di Covid-19: in Lombardia, solo il 6,5% di chi ha avuto un tampone positivo aveva la nazionalità straniera (quando la percentuale di residenti è 11,9%), a Brescia, gli stranieri risultati positivi al Covid-19 rappresentavano a fine aprile il 4,2% del totale dei positivi. In provincia di Brescia, le nazionalità più colpite sono quelle che contano una maggior presenza sul territorio provinciale: romena (95 casi, corrispondente al 20% dei casi), albanese (67 casi, 14%), pakistana (41 casi, 8%), ucraina (35 casi), indiana (23 casi), marocchina (22 casi) ed egiziana (21 casi, 4%). In provincia di Brescia, al 16 aprile 2020 sono stati registrati 13 morti per Covid-19, appartenenti a 9 diverse nazionalità: due donne, una etiope e una ucraina, e undici uomini, di cui cinque albanesi, un francese, un argentino, un indiano, un pachistano, un senegalese e un tunisino.
«Si tratta peraltro di fasce di popolazione entrate in crisi economica in modo immediato, poiché spesso impegnati in mansioni di lavori sommerso e non regolamentato» ha concluso Fenaroli.