Molti avevano già preso parte alle edizioni degli anni passati e sono tornati, come se dopo la prima volta si diventasse addicted. Io, invece, non c’ero mai stata. Durante il viaggio di andata ero emozionata, agitata, non sapevo cosa aspettarmi. Non sapevo ancora che sarebbe stata una settimana indimenticabile e che, presto, sarei diventata addicted anche io.
La Summer School Cinema Projects Developement ha luogo nel bellissimo Hotel Villa Carlotta, perfettamente incastrato tra la collina e il Lago Maggiore, vicino a Stresa. Immerso in una vegetazione rigogliosa, è il luogo ideale per staccarsi dai ritmi accelerati della vita quotidiana e ritirarsi in un universo parallelo fatto di cinema e storytelling.
Fare amicizia è stato facile, naturale e spontaneo come bere un bicchier d’acqua, perché io e gli altri partecipanti - poco più di una ventina in tutto, con diversi allievi ed ex allievi del Master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema - condividevamo la stessa passione.
È stato lì, durante la prima cena, che chi non la conosceva già ha visto per la prima volta Bobette, la professoressa americana che guidava il corso. Bobette Buster, dopo esser stata creative executive per alcuni registi e produttori famosi come Tony Scott e Ray Stark, è ora docente di sceneggiatura alla University of Southern California; nel frattempo continua a lavorare come sceneggiatrice e consulente per diversi studios hollywoodiani (tra cui Pixar, 20th Century Fox, Disney e Sony) e gira il mondo tenendo conferenze, seminari e workshop su come diventare un bravo storyteller.
Bobette, oltre ad essere una donna eccezionale, è anche un’ottima professoressa, paziente, gentile, simpatica, pronta a ripetere per chi non capisce, a rispondere a ogni domanda che ti viene in mente, che cerca in tutti i modi di farti partecipare alla lezione affinché non sia un monologo ma un dialogo.
La settimana era divisa in due parti: i primi due giorni di lezione frontale, gli ultimi tre di lavoro sui progetti. Durante i primi due giorni, Bobette ci ha spiegato i fondamenti dello storytelling, come suddividere una storia in tre atti in quello che lei chiama la struttura del Golden gate bridge, come disegnare l’arco di trasformazione del personaggio, nonché alcune tecniche (le rime visive, i set-up/pay-off) per rendere la storia più coesa e organica.
La cosa più particolare del corso è stato l’inizio: Bobette ha chiesto a ognuno di noi di raccontare una storia personale, qualcosa che non scriveremmo mai sul curriculum, ma che ci rappresenta. Passati lo shock e la paura iniziali, mi sono trovata immersa in un’atmosfera più intima e amicale, fatta non più da colleghi, ma da amici che condividono un pezzo della propria storia e si fanno emozionare da quelle altrui. Dopo ogni racconto Bobette chiedeva quale emozione ci avesse comunicato e come avremmo potuto raccontarlo più cinematograficamente; così abbiamo capito che ogni storia può diventare un film, basta conoscere le tecniche e orchestrare bene le emozioni del pubblico.
Da mercoledì ci hanno diviso in due gruppi e abbiamo iniziato il lavoro sui progetti. Ogni gruppo lavorava mezza giornata, durante la quale Bobette ricostruiva le dinamiche di una riunione a Hollywood: prima s’intervistava l’autore, poi si mettevano in luce i punti di forza, i problemi e le debolezze della storia, infine la si ricostruiva secondo il suo schema.
Venerdì mattina abbiamo lavorato sul mio progetto, inutile dire che ero terrorizzata. Ma le mie paure si sono rivelate ingiustificate: lavorare sulla mia storia è stato emozionante, nonché utilissimo, mi ha aiutato a vederla da diverse prospettive, a esplorarne angoli che avevo lasciato in ombra, a scoprire le emozioni e le reazioni che suscita in chi la legge; mi ha dato la carica e la motivazione di lavorarci ancora, di perfezionarla e potenziarla secondo i consigli di Bobette e dei compagni, che hanno portato il loro punto di vista e le loro idee.
All’inizio della Summer School ero spaventata dai ritmi di lavoro che ci aspettavano, otto ore di lezione al giorno e tre progetti da leggere. Invece mi sono da subito appassionata, i giorni sono volati rapidamente, quasi senza che me ne rendessi conto, tanto che sabato mattina mi sono ritrovata a desiderare di poter ricominciare tutto daccapo.
Sulla via del ritorno ho capito che sarebbe stata dura tornare alla vita reale dopo una settimana di full immersion nell’universo del cinema. Quest’esperienza mi ha lasciato molto: una più profonda comprensione del cinema e dei suoi meccanismi, la capacità di raccontare anche il più semplice aneddoto in modo cinematografico, la voglia di scrivere storie che non lascino indifferenti, nuove amicizie e nuovi orizzonti.
Non so cosa abbia in serbo il futuro per me, ma di una cosa sono assolutamente certa: parteciperò a questa Summer School anche il prossimo anno!
MILANO