«A volte, specialmente d’estate, capita anche a me, come capitava a don Marco e a Mattio Lovat, di alzare gli occhi verso il cielo stellato. [...] Soffermarmi a riflettere sull’infinità di quello sperpero che chiamiamo universo mi fa bene e mi aiuta a stare bene. Che altro sono le nostre impercettibili vite, e le nostre microscopiche storie, se non sperpero nello sperpero?» La citazione è al centro della mostra inaugurata il 27 luglio ai piedi delle Dolomiti bellunesi, in Val di Zoldo, e dedicata al romanzo storico di Sebastiano Vassalli Marco e Mattio. Si tratta della concretizzazione di un progetto culturale e didattico, curato dal Laboratorio di editoria dell’Università Cattolica diretto da Roberto Cicala, in collaborazione con il Centro Novarese di Studi Letterari, depositario dell’archivio dello scrittore in fase di ordinamento a cura di laureati dell’ateneo, di EDUCatt, che ha curato la grafica dell’esposizione e il catalogo, con il titolo Il romanzo di una valle e oltre cento immagini a colori, nella collana dei “Quaderni del laboratorio di editoria” attivi ormai da quindici anni.
Il progetto approfondisce un nuova aspetto dello scrittore premio Strega 1990 con La chimera, prematuramente scomparso nel 2015 nell’anno in cui fu candidato al premio Nobel. Oltre alla mostra itinerante e al catalogo, con un convegno e un reading, è previsto anche un itinerario letterario nella valle dolomitica a cura di Angelo Santin. L’esposizione racconta la genesi del caso editoriale Marco e Mattio uscito nel 1992 da Einaudi attraverso carte preparatorie, appunti, fotografie, corrispondenza e materiali inediti celebrando il legame di Vassalli con la valle e Venezia, luoghi in cui si svolgono gli eventi del romanzo.
Al centro sta dunque l’interesse dello scrittore per le «storie oscurate dalla Storia» e per la vicenda drammatica del ciabattino Mattio Lovat, uno dei primi casi clinici della psichiatria moderna, e del misterioso don Marco, che sconvolge i ritmi della valle zoldana nel Settecento. Partendo dal reale resoconto medico del dottor Cesare Ruggieri, Vassalli intraprende un percorso di ricerca e di scrittura, ricostruito all’interno del catalogo e della mostra, mostrando luci e ombre della montagna e del carattere nazionale degli italiani e dando voce ai sogni di un folle e perdente eppure capace, nei momenti più difficili, di «alzare gli occhi verso il cielo stellato».
Vassalli è «narratore concretissimo e concentratissimo» scrive Andrea Kerbaker nell’introduzione, mentre Cicala sottolinea l’importanza di un progetto scientifico e divulgativo che è anche didattico e parte dalle ricerche dei laureati di editoria della Cattolica: «le loro ricerche partono sempre dai documenti d’archivio, una costellazione di punti luminosi sui vari livelli di lettura del romanzo dove le stelle e la loro simbologia, fin dalla copertina, sono il riferimento principale. Dimostrano come l’editoria sia una lente privilegiata per osservare la vita sociale delle parole e soprattutto la mediazione culturale tra un autore e i suoi lettori distribuiti lungo più generazioni. Così annotazioni di viaggio, cartoline e fotografi e, appunti su pesi, misure e abiti del tempo, vedute veneziane, fotocopie di libri storici, rubriche cronologiche o tematiche in bloc-notes dalla scrittura minuta, citazioni tratte da Gozzi o Foscolo, proverbi locali e descrizioni di rivolte popolari (care a un attento «nipotino di Manzoni» come si autodefiniva Vassalli, lettore militante della «rivolta del pane») sono l’humus che genera la vegetazione letteraria di luoghi, personaggi e storie sotto le costellazioni che tra le cime delle Dolomiti dominano il romanzo».
Il romanzo di una valle è quindi una mostra che si può visitare e approfondire nel catalogo edito da EDUCatt, seguito del precedente La nascita di uno scrittore. Vassalli prima della Chimera: 1965-1989, a cura di Roberto Cicala e Linda Poncetta, ancora disponibile. E diventerà un itinerario letterario con citazioni e steli nei luoghi delle Dolomiti bellunesi a partire da una pagina del libro che ha reso celebre in letteratura la piccola valle veneta: «Zoldo non è né un paese né una valle che prende il nome dal suo fiume ma è – o, per meglio dire, era – una dimensione dello spirito».