Primo di due articoli dedicati alla presenza dei docenti dell'Università Cattolica a Economy of Francesco, l’appuntamento internazionale voluto dal Santo Padre, che da giovedì 19 a sabato 21 novembre, da Assisi, ha coinvolto giovani, ricercatori ed economisti connessi da tutto il mondo. Il punto di partenza per una nuova economia.
 



Lo spirito di Economy of Francesco è la rifondazione di un modello di sviluppo nuovo che tenga in conto dimensioni sociali e umani finora sottovalutate o addirittura ignorate dal sistema economico nel quale viviamo. Gettare nuove fondamenta significa anche cambiare i concetti stessi del nostro pensiero adottando nuovi termini a prima vista complessi, ma in realtà portatori di un messaggio forte e profondo.

 

Su questa necessità si è focalizzato l’incontro “Generativity, relational goods and civic economy” che ha riflettuto sulla parola generatività. «L’economia generativa può essere un paradigma che può riaprire il senso del nostro futuro» precisa all’inizio del suo intervento Mauro Magatti, professore di sociologia dell’Università Cattolica. In base a questa nuova prospettiva diventa possibile ridefinire il nostro modello produttivo, contenendone le degenerazioni. Secondo Magatti, il principio della produzione e del consumo è un fatto antropologico saldamente radicato nell’animo sin dagli inizi della civiltà: l’aspetto negativo è che queste due dimensioni tendono a divenire assolute nel tentativo di soddisfare una «ossessione del controllo, del dominio, del mettere le mani sulla realtà».

Questa degenerazione purtroppo colpisce tanto l’economia quanto la sfera delle relazioni umane: se generare una nuova vita e prendersene cura sono i passaggi che rendono possibile il nostro relazionarci con la realtà, la tentazione del voler poi controllare questa nuova vita impedendole di esprimersi è molto forte.

 

È necessario quindi ripensare quale sia lo scopo ultimo del nostro agire. «Generare non solo in senso biologico, ma anche in senso sociale, culturale ed economico» - sottolinea il professor Magatti - «significa che lo scopo finale di ogni nostra azione concreta non può essere altro che la circolazione della vita e della libertà». Una circolazione che deve avere uno sguardo ampio sulla realtà e sul futuro: per questo il pensiero generativo non è una semplice linea retta, ma una spirale simboleggiante uno sviluppo che si rinnova costantemente ad ogni nuova generazione.

 

Magatti propone quattro transizioni per concretizzare questo approccio: formativa (prendersi cura delle persone e farle crescere), organizzativa (valorizzare le capacità del singolo senza vincolarle troppo), comunitaria (creare comunità aperte alla costante ricerca di nuove strade per il futuro) e ambientale.

 

Dalle osservazioni di Magatti sulla generatività si è sviluppato il tema della sua declinazione al femminile. In questo nuovo paradigma, la componente femminile è portatrice di una unicità forse sottovalutata ma estremamente preziosa. Ad affermarlo è Consuelo Corradi, docente di sociologia all’Università Lumsa di Roma. La centralità delle donne è tale che ad esse deve essere riconosciuto il diritto di avere pari diritti e possibilità di espressione delle proprie capacità fino ai più alti livelli. Ma esiste un’altra peculiarità più vicina al concetto stesso di generare: il ruolo fondamentale delle donne nel proseguimento della vita umana, un “biocapitale” che purtroppo nella società odierna rischia di essere appannaggio esclusivo della biotecnologia.

 

Secondo Corradi, esistono tre possibili suggerimenti per recuperare questa ricchezza. Il primo è riconoscere che «le donne hanno una familiarità con la realtà così come essa è. Una capacità di accettare le ambiguità, le contraddizioni, le imperfezioni senza perdere simpatia per coloro che sono incompleti e imperfetti». Il secondo suggerimento è comprendere che le donne sono ben consapevoli della materialità della vita umana e della fatica che vi è alla base e proprio in virtù di questa consapevolezza riescono ad esprimere qualcosa di più in determinate professioni (insegnante, infermiera…). Il terzo suggerimento è valorizzare un merito delle donne: la capacità di provare un sentimento di gioia autentico quale il prendersi cura degli altri, una caratteristica che può svilupparsi anche negli uomini. «Questi 3 elementi sono importanti perché contrastano l’individualismo estremo di molte economie» - sottolinea Corradi - «Se l’unica aspettativa delle donne è essere pari agli uomini (cioè autonome, efficienti ed estremamente determinate), credo che finiremo per dimenticare tale biodiversità, lasciandola solo all’industria».

 

Ma come il concetto di generatività può modellarsi in termini economici? A questa domanda ha risposto il professor Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università Tor Vergata di Roma. Innanzitutto occorre definire nuovamente l’essere umano, rifuggendo dal termine vigente di homo economicus: in questo modo si può abbandonare il modello produttivo-consumistico e vedere le persone come esseri in relazione l’un l’altro e capaci di collaborare. Fondamentale diventa quindi uscire dalla logica della massimizzazione del profitto preoccupandosi anche degli impatti sociali e ambientali.

 

Parlando di politica economica, secondo Becchetti non è più sufficiente il coinvolgimento esclusivo del mercato e delle istituzioni, ma occorre ampliare il nostro sguardo includendovi anche la cittadinanza attiva e l’impresa responsabile. Dati questi presupposti, muta in maniera radicale il concetto di valore: «Il valore non è il PIL» - specifica Becchetti - «è lo stock dei beni culturali, relazionali, ambientali di una comunità che vive su un certo territorio».

 

La generatività diventa quindi più di una semplice alternativa economica. Essa è una concezione completa dell’economia e dell’uomo che pone quest’ultimo al centro permettendogli attraverso la relazione con gli altri di raggiungere qualcosa di più prezioso del reddito, dell’istruzione o della saluta: la felicità.