Sempre più sfaccettata e multi-religiosa, al centro di riflessioni e dibattiti epocali dettati dall’avvento della Didattica A Distanza (DAD) e dalla compresenza di diverse culture d’origine degli studenti che la frequentano, il ruolo della scuola nell’attualità rientra tra i temi più complessi e delicati della cronaca odierna. Eppure, nonostante l’ambito scolastico sia il luogo per eccellenza deputato all’educazione dei cittadini del domani e al confronto e alla crescita generati dalla varietà di stimoli, alla prova pratica parlare del tema religioso nel contesto scolastico e fare esperienza delle diversità che ne derivano non è cosa facile né immediata.
Una percezione suffragata anche da dati, ricerche e risultanze contenute nel sesto capitolo della ricerca d’Ateneo “Migrants and Religion: Paths, Issues, and Lenses” (il cui volume finale edito da Brill è disponibile in open access) commentata dagli autori nel webinar “Costruire la cittadinanza nella scuola multi-religiosa”, quarto ed ultimo appuntamento del ciclo “Migrazioni ed appartenenze religiose”.
Alla base di tale condizione - ha fatto notare Barbara Ghiringhelli, antropologa e collaboratrice dell’Ufficio Nazionale Ecumenismo e dialogo interreligioso della CEI nel suo saluto introduttivo - «il fatto per cui l’Italia si caratterizza per un alto tasso di analfabetismo religioso, il che rende difficile affrontare temi legati alla fede e alla cultura religiosa senza scadere nel folklore».
A farle eco è la prof.ssa Maddalena Colombo, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, che nota come «In uno scenario fluido, caratterizzato da un cattolicesimo flessibile ed occasionale, oggi siamo decisamente meno dotti sulle nostre religioni e quasi nulla sappiamo delle altre. Eppure l’educazione religiosa e la comprensione dei suoi fenomeni è la base fondamentale per formare qualunque tipo di cittadino, ateo o praticante che sia, nonché per evitare frange estremiste come il dogmatismo o il fondamentalismo».
Il riferimento generale è quello ai concetti assai noti di secolarizzazione e post-secolarizzazione, in una società in cui la tendenza generalizzata vede gli individui sempre più impermeabili ai temi religiosi «fatto salvo che per dibattiti come quello sulla tolleranza religiosa: è bene far sparire dalle aule tutti i segni identificativi di un credo o è bene esporre tutti i marcatori religiosi? Il dibattito è in corso da anni» chiosa Colombo.
Le cose non sono migliori nella vicina Francia, come testimonia Alessandro Bergamaschi, associato di Sociologia all’Università di Nizza, che nel volume curato da Laura Zanfrini è stato autore di una ricerca empirica basata su interviste all’interno delle scuole medie e superiori del sud della Francia. «Il compito della scuola francese, concepita spazio laico in quanto pubblico, è formare il cittadino repubblicano secondo i criteri di laicità, universalità e indifferenza alle differenze, dal 2004 è inoltre prevista l’espulsione dalle aule per cui ostenta simboli religiosi in antitesi con la laicità repubblicana. Una scuola così tarata è in grado di sopperire ai bisogni di una realtà come quella francese?».
Il lato pratico della faccenda dimostra infatti come anche oltralpe la questione non sia né semplice né lineare. «Si creano ripartizioni tra praticanti e non praticanti, tra cittadini cattolici - la cui appartenenza sembra cozzare meno col concetto di francità - e cittadini musulmani che si sentono meno francesi e la cui apparenza religiosa rende più debole l’identificazione con la collettività nazionale».
Religione e cittadinanza sono dunque strettamente interconnesse al punto, nonostante i principi di base, sembrerebbe impossibile discernere in ambito scolastico sfera pubblica e privata, identità e libertà, cittadinanza e bene comune, così come negare come la religione costituisca un fattore identitario.
«Anche nei ragazzi adolescenti, apparentemente più soggetti a costituirsi gruppo sulla base di gusti, passioni, sport e dove la religione non sembrerebbe un ostacolo, ci siamo resi conto di come questi evitino di esporsi per timore di essere derisi o emarginati a causa del loro credo». A rilevarlo è stata Rosangela Lodigiani, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro, che ha aggiunto come «la gita scolastica, l’ora di religione, il pranzo in mensa…sono momenti che possono sollevare criticità nelle scuole intese come spazio laico».
Dinamiche che, secondo la docente di Sociologia dell’educazione Mariagrazia Santagati, portano all’individuazione di quelli che, nel trattamento dei conflitti interreligiosi all’interno della scuola multiculturale, dovrebbero costituire tre capisaldi. «In primo luogo non temere di discutere di questioni religiose a scuola; guardare ai conflitti di matrice religiosa attraverso la ricerca; e in ultima analisi considerare come nel conflitto vi siano ruolo e pesi diversi diversi (quello tra adulti, quello tra studenti ad esempio, quello tra pari o quello tra generazioni diverse)».
Perché, da qualunque prospettiva la si voglia osservare, la questione religiosa è presente e fondante nel processo di formazione dell’identità culturale.