La scuola salvata dai bambini. Letteralmente.
Benedetta Tobagi, autrice, giornalista di Repubblica e conduttrice radiofonica, ha presentato in Cattolica la sua ultima fatica letteraria, edita da Rizzoli, in cui affronta i temi strettamente connessi tra loro - delicati e attualissimi - dell’immigrazione e dell’istruzione.
Ad introdurre e dialogare con l’autrice, nell’aula Magna dell’Università, sono intervenuti il Preside della Facoltà di Scienze delle Formazione Luigi Pati, e i docenti Domenico Simeone e Pierluigi Malavasi, quest’ultimo coordinatore della Laurea magistrale in Progettazione pedagogica delle risorse umane.
Per raccogliere dati e lavorare al volume, Tobagi ha effettuato un viaggio nelle scuole pubbliche primarie di 13 città italiane - tra cui Napoli, Udine, Milano e l’istituto Manzoni di Brescia; ne è emerso un reportage in cui elementi quali le esigue risorse economiche riservate agli istituti, e la povertà in cui purtroppo versano i nuclei familiari dei bambini figli di migranti, sono il detonatore di una prospettiva futura di isolamento, autodistruzione e distruzione.
«Tra i banchi di scuola la società multietnica del futuro è già realtà – ha affermato Tobagi – il titolo del libro è tratto da una delle vicende raccontate al suo interno, ovvero quella della scuola di Città Reale, un piccolo paese di montagna del centro Italia in cui un istituto pluriclasse è stato letteralmente salvato - cioè ha evitato di essere chiuso - grazie all’arrivo dei figli dei profughi e dei rifugiati».
Tra i dati di fatto che accompagnano la contemporaneità del mondo scolastico attuale emerge infatti sempre più prepotentemente la paura e la reticenza dei genitori italiani ad iscrivere i propri figli in scuole con un’alta presenza di studenti stranieri.
A dare il la alla ricerca di Tobagi è stato l’iniziale sdegno dell’autrice nei confronti di dichiarazioni razziste da parte di alcuni politici italiani: «Ero indignata per quelle parole che avevo sentito pronunciare – racconta – ma poi, preso atto di come realmente molti genitori italiani, che legittimamente cercano la miglior istruzione per i propri figli, optino per scuole con assenza o un basso tasso di studenti stranieri, ho avviato un semplicissimo esperimento mentale e ho chiesto a me stessa: iscriverei i miei figli in una di quelle scuole? Mi resi conto che una risposta non ce l’avevo. Da giornalista, ho quindi sentito l’obbligo morale di effettuare un ricerca sul tema: mi sono così ritrovata a compiere un viaggio, prima interiore e poi attraverso le scuole d’Italia, e un’analisi nella mia stessa ipocrisia democratica».
Tra i dati di maggior rilievo illustrati da Tobagi: «La fuga di genitori e alunni italiani non è stata conseguente alla presenza di alunni immigrati, bensì è avvenuta in seguito al taglio delle risorse agli istituti. Finché vi sono state le risorse, economiche e di personale impiegato indispensabile per il coordinamento, il discorso integrativo è stato ben gestito. Quando manca un investimento si creano fenomeni di separazione e segregazione poiché i bambini si trovano a diversi livelli d’apprendimento. Ne ho ricavato una chiave di lettura della società: molto dei problemi della società odierna hanno alla base un processo di mancata integrazione; occorre capire che la scuola è quel luogo dove realmente, se si agisce correttamente, è possibile incidere sulla società del futuro».