Ha innovato in modo radicale il settore della comunicazione beauty apportando il suo personalissimo contributo all’eliminazione di quella resistenza tutta italiana nei confronti del digital marketing, ha radunato attorno a sé e al suo marchio, Vera Lab, una delle community italiane più attive sulle rete (le Fagiane) e le stories dove «elargisce consigli di bellezza non richiesti» registrano 200mila visualizzazioni al giorno… ma non chiamatela influencer perché - spiega - «alle collaborazioni dico quasi sempre no, a meno che si tratti di un prodotto che mi piace personalmente e particolarmente».
Cristina Fogazzi - bresciana di nascita ma milanese d’adozione, meglio nota al popolo del web come l’Estetista Cinica - è intervenuta nell’ambito della lezione del corso in Marketing del territorio e della Pmi alla laurea magistrale in Gestione dei Contenuti digitali per i media, le imprese e il patrimonio culturale (Ge.Co), ed ha raccontato agli studenti il suo percorso professionale che, dall’ironica pagina Facebook del suo centro estetico milanese aperta sette anni fa, l’ha portata a scalare vertiginosamente il settore della cosmesi, sia oer quanto riguarda l'e-commerce che per il retail, grazie al digital marketing e ad una sapiente gestione della community che la segue, creando un impero del valore di 30 milioni di euro solo nel 2019 (il 2020 non è ancora giunto al termine ma pare abbia già superato quota 50mln ) in grado di dare lavoro a 44 dipendenti, senza contare l’indotto dei fornitori esterni.
Salita virtualmente in cattedra, in collegamento da remoto, la Cinica ha ripercorso l’esordio sul web, quando «circa 6 o 7 anni fa aprii la pagina Facebook del mio centro estetico, che all’epoca contava 3 dipendenti, pubblicando solo vignette ironiche che iniziarono a virilizzarsi, portando la pagina a quota 20mila followers (oggi sembrano un’inezia, all’epoca mi sentivo la Ferragni!). Da lì iniziai a girare dei piccoli video dove spiegavo, sempre in modo molto ironico, argomenti come la cellulite, l’estetica…con la finalità di far conoscere il mio centro».
Poi la svolta: «Decido di lanciare una linea di prodotti, le vendite crescono, crescono, crescono fino all’anno in cui siamo rimasti senza merce, l'anno dei 9 milioni di euro fatturati o quello in cui mi sono resa conto che non potevamo più effettuare da noi le spedizioni ma necessitavamo di un servizio di logistica». A crescere, parallelamente alla dimensione dell’azienda, era anche e soprattutto il numero di donne, fan, clienti e followers provenienti da tutta Italia che, oggi sappiamo, compongono una delle community più numerose e attive del web, contribuendo di fatto non solo alla crescita del brand ma anche e soprattutto al posizionamento di quest’ultimo sul mercato.
E a questo proposito la Cinica puntualizza «Oggi il digital è fondamentale, per me come per chiunque altro voglia vendere prodotti. In Italia c’è stata, e in molte grandi aziende c’è tutt’ora, una forte resistenza al digital marketing o all’influencer marketing. Il ché è paradossale se pensiamo che - numeri alla mano - una pubblicità istituzionale su una rivista è vista al massimo da 20mila lettrici al mese, mentre le mie stories si Instagram totalizzano 200mila visualizzazioni al giorno. Le vendite innescate influencer come Giulia Valentina o Paola Turani possono cambiare l’andamento di un brand. Per non parlare di casi eccezionali come quello di Fedez, che ha toccato quota 1milione e 700mila visualizzazioni in sole 7 ore: nemmeno un programma televisivo arriva a tanto».
E a proposito di Fedez e di quella capacità di arrivare in modo capillare ad un vastissimo pubblico di giovani, rapportata alla pandemia mondiale in corso e alla gestione della situazione italiana operata dal governo Conte, la Cinica non ha dubbi. «Secondo voi a chi ha più senso affidare un messaggio che deve colpire i giovani: al feed di Fedez o alla pubblicità grafica del ministero dell’istruzione? Trovo che il premier Giuseppe Conte sia stato assolutamente lungimirante».
Tra i temi affrontati con gli studenti nel corso della lezione anche quello dei contenuti sponsorizzati, che per il marchio Vera Lab non rappresentano una priorità. «Capita di fare esperimenti promuovendo un contenuto A e un contenuto B, vedere quale dei due è maggiormente performante per poi mandarlo avanti, ma si tratta di investimenti economici assai contenuti poiché nel mio caso non sono le sponsorizzate ad alzare i numeri del mio e-commerce». A farlo, infatti, è un coerente e magistrale lavoro di story-telling su sfondo rigorosamente pink, portato avanti sia sui profili social personali di Cristina che di quelli aziendali dell’estetista più celebre d’Italia, in cui il racconto dell’utilizzo dei vari prodotti è affiancato a tutorial di bellezza, foto e notizie dei vari shop e corner brandizzati sparsi in tutta Italia, e alle cronache di eventi itineranti come il “Circo cinico”, il beauty truck con cui ha girato l'Italia o l’iniziativa dedicata a Brescia “Leonessa fagiana”.
Prendere posizione, del resto, diventerà sempre più importante in tempi di marketing digitale dove «se non ti esponi non stai antipatico a nessuno, se ti esponi ovviamente ti polarizzi e questo può significare perdete qualche cliente o qualche consenso ma anche fidelizzare quelli che la pensano come me. Io credo che in futuro per il cliente sarà sempre più importante sapere a chi dà i suoi soldi: sposare o meno la filosofia di un’azienda diventerà importante per scegliere, sapere come un brand si posiziona rispetto alla questione del lavoro, a quella ambientale o alla spartizione della ricchezza, orienterà sempre più le scelte dei consumatori».
Un esempio attuale? «Prendiamo il fenomeno body positive: si percepisce immediatamente quando è attivismo patinato e quando invece il messaggio è autentico». Perché nel mondo digitale, alla stregua della vita reale, la coerenza è difficile da mantenere se te la stai inventando.