Un importante studio pubblicato ieri sulla più importante rivista cardiologica mondiale, Journal of the American College of Cardiology, ha apportato importanti conoscenze sui meccanismi che determinano il rischio di aritmie fatali nei pazienti affetti da sindrome di Brugada, una malattia rara del cuore che può causare la morte cardiaca improvvisa soprattutto in soggetti giovani altrimenti considerati completamente sani. Lo studio è frutto di una collaborazione tra la Cardiologia dell’Ospedale San Donato di Arezzo e l’Istituto di Sanità Pubblica dell’Università Cattolica – Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.
Lo studio è stato supportato da un finanziamento della fondazione Telethon al Dott. Maurizio Pieroni dell’ospedale di Arezzo, responsabile scientifico dello studio, e al Prof. Antonio Oliva dell’Istituto di Sanità Pubblica dell’Università Cattolica, UOC Medicina Legale, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, coinvestigator dello studio (a destra nella foto in alto, accanto al Dott. Simone Grassi).
I pazienti sono stati arruolati nello studio e sottoposti a mappaggio elettroanatomico e biopsia cardiaca presso l’Ospedale di Arezzo. L’analisi genetica è stata invece eseguita presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS in collaborazione con l’Università di Girona in Spagna. Lo studio è particolarmente innovativo perché per la prima volta in pazienti con sindrome di Brugada è stata eseguita una biopsia cardiaca guidata dal mappaggio elettroanatomico a live
“Con questo lavoro abbiamo ulteriormente dimostrato che importanti alterazioni del muscolo cardiaco sono presenti nella maggior parte dei pazienti che sono alla base delle alterazioni elettriche e delle aritmie fatali”, spiega il Prof. Antonio Oliva.
“La sindrome di Brugada – commenta il Prof. Filippo Crea, direttore del Dipartimento di Scienze cardiovascolari e toraciche del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – Università Cattolica – è caratterizzata da un’alterazione dell’elettrocardiogramma che porta il paziente all’attenzione del cardiologo. È stata considerata finora una malattia genetica che provocando un’alterazione funzionale delle cellule cardiache, aumenta il rischio di morte improvvisa. Questo studio mette la sindrome di Brugada in una luce completamente nuova, dimostrando che non solo alterazioni genetiche ma anche un’infiammazione del cuore può causare la sindrome di Brugada. Apre pertanto nuove strade per l’identificazione dei pazienti con sindrome di Brugada ad alto rischio di morte improvvisa che necessitano dell’impianto di un defibrillatore”.
Questo studio accende una nuova luce su come capire quali pazienti sono a rischio di aritmie fatali. La propensione ad avere aritmie gravi potrebbe aumentare con l’aumentare dell’estensione dell’area anomala ed in presenza di infiammazione del muscolo cardiaco, ponendo quindi le basi per un nuovo modo di definire il rischio aritmico di questi pazienti.
“Questa scoperta, oltre ad importanti significati prognostici, avrà probabilmente importanti ripercussioni anche terapeutiche” – conclude il professor Oliva. “Negli Stati Uniti è stata già sperimentata l’efficacia della terapia anti-infiammatoria con cortisonici in aggiunta alle terapie convenzionali, nel debellare aritmie gravi in casi di soggetti affetti dalla sindrome”.