La lavorazione del materiale antico getta la luce su un mondo lontano dal nostro, quando stampare un libro era sinonimo di “realizzarlo” e “costruirlo”. Un’opera ben diversa da quella di oggi, sia per i materiali impiegati (carte, inchiostri, legature, colle), sia per le modalità di realizzazione.
«Una particolare testimonianza sulle vicende dei libri antichi viene dalle rilegature, che erano sempre opera artigianale, molto sovente fabbricate in pergamena, cioè pelle di pecora e capra, quella che nel medioevo costituiva la materia scrittoria principale per i libri manoscritti», spiega la professoressa Mirella Ferrari.
Nell’opera di restauro delle Cinquecentine non è raro imbattersi in esemplari in cui sono stati impiegati a rinforzo dei materiali di riutilizzo. «Spesso, per economia, nelle rilegature, durante il Cinque e Seicento, si riutilizzava pergamena vecchia – prosegue la professoressa Ferrari - : così i libri a stampa del Cinque e del Seicento conservano frammenti di libri medievali. Ora, studiando con cura questi frammenti, siamo in grado entro certi limiti di ricostruire il libro medievale da cui provengono: e dunque un volume solo a stampa, rilegato, trasmette in realtà due libri, uno dei quali molto più antico».
Dei frammenti ritrovati esiste un censimento curato dalla professoressa Ferrari: I fondi manoscritti della biblioteca, in Storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Le istituzioni, vol. V: I patrimoni dell’Università Cattolica, a cura di M. Bocci e L. Ornaghi, Milano, Vita e Pensiero, 2013, pp. 295-378.
E non mancano preziose scoperte: «Fra le Cinquecentine ricatalogate, alcune avevano le rilegature rivestite con fogli di codici del secolo XII, cioè di ben quattro secoli più antichi. Un’edizione dei decreti dei Concili ecumenici, stampata a Venezia, nell’indorsatura conservava frammenti di un manoscritto pergamenaceo scritto in ebraico, a testimoniare la forte presenza culturale ebraica a Venezia e, insieme, raccontare la storia della censura, e conseguente distruzione, di libri ebraici operata in applicazione dell’Indice dei libri proibiti soprattutto nei decenni finali del Cinquecento».
Recentemente sono stati ritrovati due frammenti, probabilmente frazioni di un medesimo foglio, con porzioni di testo che a un primo sguardo lascerebbero pensare alla Vita Christi di Ludolfo di Sassonia (circa 1295-1377). La Vita Christi è ritenuta la prima biografia di Gesù, basata sui Vangeli e sui testi dei padri della Chiesa, ed ebbe grande influenza sul sentimento religioso del tempo. Pare che anche a questo testo, letto da Ignazio di Loyola durante la sua convalescenza, si deve la decisione del santo di abbandonare la carriera militare per abbracciare la vita religiosa.