Dare voce alle vittime di genocidi, di crimini di guerra e contro l’umanità. E intervenire, in virtù del principio di complementarietà, a dispetto degli Stati che non mostrino la volontà o la capacità di portare avanti indagini e processi. Sono solo alcune delle funzioni svolte dall’International Criminal Court (Icc), la Corte permanente creata dalla comunità internazionale per porre fine alle impunità di autori di crimini gravi e contribuire, così, a prevenirli. Silvana Arbia dal 2008 è a capo del Registry, il principale organo amministrativo della Corte penale internazionale. Lo scorso 14 maggio, alla presenza dei professori di Diritto internazionale Ugo Draetta e Marinella Fumagalli Meraviglia, ha incontrato gli studenti della facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica per parlare di Complementarità della giurisdizione della Corte penale internazionale e partecipazione delle vittime dei crimini internazionali ai procedimenti celebrati davanti ad essa.



Dal suo osservatorio privilegiato il magistrato ha raccontato le difficoltà e le sfide cui ogni giorno deve far fronte. «L’ostacolo maggiore consiste nel creare le condizioni per far sì che la Corte penale internazionale sia pensata come un organismo di giustizia che appartenga realmente agli Stati», ha sottolineato Silvana Arbia, che in passato ha svolto le funzioni di primo sostituto procuratore e di Chief of prosecutions presso il Tribunale penale internazionale per il Rwanda.

Stabilita dallo Statuto di Roma, entrato in vigore il 1° luglio del 2002 e ratificato da 111 paesi, Italia inclusa, attualmente la Corte conduce indagini su presunti crimini commessi in Uganda, nella Repubblica democratica del Congo, nella Repubblica centrafricana, nella regione del Darfur, in Sudan e in Kenya. «La vera novità è il ruolo delle vittime nei procedimenti davanti alla Corte - ha detto la registrar Arbia -: per la prima volta nella storia della giustizia penale internazionale hanno la possibilità di partecipare ai processi e di richiedere risarcimenti. L’intento è  raggiungere una piena giustizia dando voce diretta alle loro sofferenze». In sei anni di attività, sono già 2000 le persone che hanno chiesto di partecipare ai processi, di cui buona parte a quello a carico dell’ex vice presidente della Repubblica democratica del Congo, Jean-Pierre Bemba.

Un lavoro difficile, quello svolto dalla registrar, che consiste nel seguire tutti i casi e i processi in corso, vigilando in egual misura sul rispetto dei diritti dei sospettati e degli accusati, dei diritti delle vittime e sulla protezione dei testimoni. Col rischio che, talvolta, le emozioni possano influenzare importanti decisioni. «Bisogna stare attenti a non lasciarsi coinvolgere dai diversi casi - ha precisato il magistrato -, cercando di tenere in mente il fine ultimo che si vuole raggiungere». Dal 31 maggio all’11 giugno, a Kampala, in Uganda, si è tenuta la prima Conferenza di revisione dello Statuto di Roma. Un’occasione importante alla quale hanno partecipato sia i 111 Stati che finora hanno ratificato lo Statuto, sia le delegazioni di alcuni Stati che non lo hanno ancora ratificato, fra cui gli Stati Uniti. «Un momento di verifica per fare un primo bilancio sulla reale efficacia del Trattato di Roma - ha concluso Arbia, presente in qualità di panelist -, introdurre modifiche e definire il principio di aggressione, già incluso tra i crimini di competenza della Corte». Con la speranza di ridurre sempre di più il numero delle impunità.


Silvana Arbia è Registrar della Corte penale internazionale, capo del principale organo amministrativo della Corte, dal febbraio del 2008. Con una lunga esperienza in materia di diritto penale, diritto internazionale ed in amministrazione giudiziaria internazionale, prima di ricoprire la carica di Registrar della Corte, l’On. Arbia ha svolto le funzioni di primo sostituto procuratore e di Chief of prosecutions presso il Tribunale penale internazionale per il Rwanda, dove è stata responsabile per le indagini e la conduzione di alcuni dei più importanti processi. Inoltre, ha partecipato alla stesura dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale come membro della delegazione italiana alla Conferenza diplomatica di Roma, nel 1998.

Il Registry è uno dei quattro organi della Corte penale internazionale, responsabile per tutti gli aspetti non giuridici dell’amministrazione, per il deposito e la notifica degli atti della Corte e per altre mansioni giudiziarie. Ne è a capo il Registrar, eletto per un mandato di cinque anni e principale funzionario amministrativo della Corte. Il compito del Registry è assicurare il supporto amministrativo e giudiziario agli altri organi della Corte (la Presidenza, le Camere, l’Ufficio del Procuratore) in maniera neutrale ed equa.

Tra gli sviluppi giudiziari più recenti che la Registrar Arbia sta seguendo figurano: l’inizio del processo a carico dell’ex vice Presidente della Repubblica democratica del Congo, Jean-Pierre Bemba, che avrà inizio il 5 luglio, e la decisione, lo scorso febbraio, della Camera di appello di far riesaminare alla Camera preliminare la richiesta di inclusione del crimine di genocidio tra i capi d’accusa contro l’attuale presidente del Sudan, Omar Al Bashir.