Per ricordare la figura di Cesare Mozzarelli nel decimo anniversario della sua scomparsa, il 20 settembre si è svolto a Mantova, nella Sala degli Arcieri del Palazzo ducale, un convegno intitolato La corona del Principe. Iconografia e simbologia per Vicenzo I Gonzaga. Storici del pensiero politico e storici dell’arte si sono incontrati per discutere di un tema che racchiude in sé molte delle questioni a cui Mozzarelli ha dedicato la sua attività di ricerca, e che per questo è stato scelto per ricordare la fecondità del suo insegnamento e della sua attività di studioso.
Cesare Mozzarelli si laureò in Giurisprudenza all’Università Cattolica nel 1970, con una tesi in storia del diritto italiano, svolta con la direzione di Ugo Nicolini. Qui è stato subito nominato borsista, per diventare nel 1975 assistente ordinario di Storia delle istituzioni politiche presso l’Università di Bologna. Ha poi insegnato, dal 1976 al 1986, Storia delle istituzioni sociali e politiche, e per alcuni anni anche Storia dell’amministrazione pubblica, presso l’Università di Trento. Nel 1991 è stato chiamato dall’Università Cattolica come professore ordinario di Storia moderna alla facoltà di Scienze della formazione, e ancora nel nostro ateneo, ma alla facoltà di Scienze politiche, ha anche insegnato Storia delle dottrine politiche fino al 1995.
Il suo incontro con la storia fu dunque originariamente mediato dalla sua formazione giuridica: dedicatosi alla storia dell’amministrazione pubblica italiana, studiò dapprima le riforme teresiane e giuseppine nella Lombardia settecentesca, e poi il ceto dei giuristi dell’Italia liberale. Insoddisfatto dei paradigmi storiografici tradizionali sull’origine dello stato moderno, spostò l’attenzione alla corte come “luogo del politico”: pose così al centro dell’attenzione degli storici la corte e i patriziati cittadini degli antichi stati italiani, rinnovando i paradigmi interpretativi fino ad allora utilizzati.
I suoi studi su Mantova e i Gonzaga, sui Principati padani tra XVI e XVIII secolo, sulla Milano spagnola, su classicismo, neostoicismo e il dibattito cinquecentesco della ragion di stato hanno profondamente innovato la storiografia sull’Italia d’antico regime, e hanno contribuito a mettere in luce le peculiarità di quel cosmo culturale, della sua organizzazione istituzionale e della sua vita intellettuale. Negli ultimi anni, si era occupato del ruolo del cattolicesimo nella formazione dell’identità nazionale italiana. Innumerevoli furono le sue collaborazioni con studiosi europei e nordamericani, e infaticabile la sua attività di organizzatore di cultura.
Tra le sue iniziative ricordiamo almeno la sua collaborazione con il Centro Studi Europa delle Corti, di cui è stato segretario per quasi vent’anni, con l’Istituto Mantovano di Storia contemporanea, che ha a lungo diretto, con l’Accademia di San Carlo presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, dove ha di fatto inaugurato una nuova stagione di studi dedicata a Federico Borromeo, la creazione di riviste storiche come «Cheiron» e gli «Annali di Storia moderna e Contemporanea» dell’omonimo Istituto dell’Università Cattolica (di questo fu direttore per 10 anni), nonché la direzione dei Cambridge Studies in Italian History and Culture, prima collana in lingua non italiana e pubblicata fuori d’Italia dedicata esclusivamente alla storia italiana, presso Cambridge University Press.
Il convegno mantovano, dunque, ha richiamato alcuni dei suoi temi più cari, la Mantova gonzaghesca, i simboli e i luoghi del potere, l’arte a corte. Si sono succedute le relazioni di studiose e studiosi che con lui avevano condiviso indagini e progetti di ricerca: Fausto Arici, Paola Besutti, Chiara Continiso, Raffaella Morselli, Roberta Piccinelli, e Paola Venturelli.
Alla presenza della città e delle istituzioni (Comune, Provincia, Diocesi, Archivio di Stato e Soprintendenza Bsae, oltre che l’Accademia Virgiliana e L’istituto Mantpano per la Storia contemporanea), inoltre, sono stati proclamati i vincitori del Premio “Cesare Mozarelli sulla storia del Mantovano”, giunto alla ottava edizione, grazie al supporto della famiglia e di un gruppo di amici tra cui monsignor Luigi Negri, ora vescovo di Ferrara. A Mantova, insomma, non si è solo ricordato il passato, quello della corte di Vincenzo I, e quello di uno storico, ma si è lavorato anche per il futuro della ricerca.