Con un piccolo gioco di parole si è aperto il sesto appuntamento di Letteratura&Letterature nell'aula magna "Tovini" della sede di Brescia dell'Università Cattolica il 5 dicembre: "Nessuna persona calva ha bisogno di una spazzola. Le lucertole non hanno capelli. Nessuna lucertola ha bisogno di una spazzola." Servendosi di questa citazione di Lewis Carroll, autore de "Alice nel Paese delle Meraviglie", la giovane studiosa Federica Locatelli ha introdotto gli ascoltatori alla bizzarra logica di Eugène Ionesco e della sua "anti-commedia" La cantatrice calva (La cantatrice chauve), che è andata in scena in questi giorni al Ctb di Brescia. L'incontro è stato arricchito dalla presenza dell'attrice Beatrice Faedi, che ha letto alcuni scritti di Ionesco.
La trama dell'"anti-pièce", messa in scena per la prima volta a Parigi nel 1950, è assurda quantomeno come il suo titolo, che non serve in alcun modo a introdurre l'opera (infatti il personaggio della cantatrice calva non esiste), della quale mette già in luce proprio il non-senso.
Protagonisti sono i coniugi Smith, che, seduti nel loro salotto, conversano su temi quotidiani, talvolta parlando apparentemente del nulla. Ne è un esempio la prima scena, in cui la signora Smith afferma: «Abbiamo mangiato bene questa sera. È perché noi abitiamo nei dintorni di Londra e il nostro nome è Smith». Dopo poco arrivano sul palcoscenico i coniugi Martin, ospiti degli Smith, che si dimostrano altrettanto incapaci di comunicare in un modo "sensato". Tutti e quattro sono nel mezzo di una discussione grottesca e vacua, quando sono interrotti da un pompiere, sopraggiunto a spegnere un incendio che, ovviamente, non esiste. Quando il capitano si rende conto che non vi è alcun "fuoco" da spegnere in quella casa, nemmeno una fiamma di passione o di amore, decide di andarsene, domandando agli altri: "A proposito, e la cantatrice calva?"
Questa unica breve allusione al personaggio, che dà il titolo all'opera, genera prima un silenzio imbarazzato, poi una risposta altrettanto enigmatica della signora Smith: «Si pettina sempre allo stesso modo». Da questo momento, il linguaggio dei personaggi comincia a dissolversi completamente, divenendo sempre più confuso e frammentato, fino a ridursi solo a sillabe e suoni onomatopeici. All'improvviso la confusione si interrompe e la commedia ricomincia con i coniugi Martin, che ripetono esattamente le stesse parole delle quali si sono serviti gli Smith nella prima scena.
Oltre ai personaggi umani, nella commedia riveste un ruolo importante un oggetto inanimato: la pendola, che non indica mai il tempo giusto, ma sempre il suo contrario e che sembra avere una vita propria, come alla fine della pièce, quando "suona quanto vuole". Ha spiegato Federica Locatelli: «Nella Cantatrice calva, gli oggetti e i mobili sono veri e propri personaggi che portano un messaggio che non si può trovare nelle parole. Comprimono lo spazio, si appropriano del palcoscenico». Lo stesso Ionesco, ai cui testi ha dato voce Beatrice Faedi, precisa: «La presenza eccessiva di oggetti serve a tradurre l'assenza spirituale». E, certamente, l'insolita pendola esprime anche l'«anti-tempo», il controtempo all'interno della commedia.
In generale salta agli occhi l'uso eccessivo del prefisso "anti": anti-teatro, anti-titolo, anti-tempo. Per Ionesco, la creazione di queste nuove etichette era perfettamente adatta a ritrarre l'essenza del suo nuovo teatro, il "teatro della derisione", il "nuovo teatro libero", a cui è stata attribuita la definizione di "assurdo" solo a posteriori.
Tramite la violenza che l'autore con la sua opera La cantatrice calva fa sulle regole del teatro, su quelle della logica e della lingua, Ionesco cerca di rinnovare la visione degli spettatori e anche la loro concezione del mondo. I diversi sottotitoli della commedia, "teatro", "antiteatro" e "spettacolo del mondo", mostrano così i passi che il pubblico deve seguire: all'interno di un teatro, gli spettatori assistono alla sua dissoluzione in "anti-teatro" per essere infine testimoni di uno "spettacolo del mondo", che porta alla luce la banalità dell'esistenza umana nella vita quotidiana. E partendo da questa sensazione conturbante, ognuno di loro comincerà a porsi domande sulla propria vita. Sperando che non approdino alle stesse conclusioni di Ionesco: «È molto complicato. Io non so. Non so chi io sia. Non so che cosa io faccia qui. Non so da dove io venga né dove vada».