La figura dell’uomo è al centro della sua ricerca artistica e da questa idea prende spunto la Via Crucis realizzata da Andrea Cereda, che l’Università Cattolica ospita quest’anno per la Quaresima nello Scalone d’onore nel primo chiostro della sede di largo Gemelli 1 a Milano.
L’opera, nata nel 2010 per l’esposizione nella diocesi di Passau in Germania in occasione della Pasqua, rappresenta un fatto “umano”, prima ancora che divino. Per questo motivo l’artista ha voluto dare una “contemporaneità” alle 14 stazioni della salita al Golgota attraverso due momenti distinti: la parte artistica, sintetica e da interpretare, realizzata con fili di ferro e lamiere recuperate da bidoni industriali, e la parte didascalica, realistica e feroce, costituita da immagini di fatti drammatici realmente accaduti. Sono immagini scaricate da internet e fanno riferimento a situazioni violente che purtroppo ancora oggi fanno parte della vita. Nella relazione tra i due momenti sta il punto di tensione che tiene viva l’opera. Ed esattamente in questo punto convivono le due nature del Cristo: quella di Uomo e quella di Figlio di Dio.
La genesi di questa Via Crucis, che ha richiesto all’artista un anno per la sua traduzione in percorso visivo, dice del desiderio di Cereda di rappresentare il dolore dell’uomo che si perpetra quotidianamente, oggi, come al tempo di Cristo, e lo scandalo inaudito e senza appello che la morte ingiusta di ogni uomo porta con sé. L’artista dona alle quattordici tappe la forza drammatica di una vicenda vera e sempre attuale, quella di una morte tanto ingiusta quanto voluta, senza esitazione o ripensamenti.
La scelta dei materiali diventa prioritaria. La nostra civiltà è costruita sulla materia, sulla sua caducità e sul deterioramento di ogni cosa fino alla propria fine. Così lamiere ormai inutilizzate, da discarica, tagliate, corrose, saldate, assemblate diventano simbolo della via dolorosa e modo privilegiato per raccontare la morte. Cereda dona a ogni stazione confini precisi, formati da frammenti di tondino in ferro incrociati tra loro. Anche l’aver usato l’anima del cemento armato, dura materia da costruzione di oggi, diviene messaggio di duplice forza: sostiene la narrazione, e al tempo stesso segna di croci i confini stessi dello spazio, delimitando un campo anche spirituale ed interiore.
Una narrazione che, adottando un linguaggio universalmente riconoscibile, segue contemporaneamente i ritmi di una sofferta meditazione interiore. Così, le tre cadute di Cristo sotto la Croce non sono ripetizioni, ma le reiterazione di una pena sempre più grave; nell’incontro con le donne di Gerusalemme, il silenzio della condivisione del dolore si manifesta nella fissità dei frammenti; il velo della Veronica rivela ancora, dopo oltre duemila anni, la sconvolgente icona di Cristo; nella Crocifissione, il gioco delle ombre sulla parete restituisce le forme dei corpi dei condannati e il sepolcro accoglie, nel colore della terra, il corpo finalmente pacificato di Gesù.
Andrea Cereda, nato a Lecco nel 1961, è un artista che arriva al mondo dell’arte passando per l’esperienza maturata nel campo della pubblicità. Per realizzare i suoi lavori utilizza ferro e lamiere di vecchi bidoni scoloriti, consunti, arrugginiti, recuperati in discarica o trovati in qualche vecchio casolare, assemblati fra loro e tenuti insieme da cuciture o saldature.
Le sue opere si fondano su un’idea estetica e concettuale di base che in fase realizzativa lascia molto spazio all’istinto. La sua attività espositiva inizia nel 2011, da allora molte le mostre sia in Italia che all’estero. Da anni collabora con le sue opere alle edizioni Pulcinoelefante.