di Lucrezia Savino *
“La musica nasce da un altrove non bene identificato. […] aiuta a rendere evidente quello che si dice, quello che si vede e quello che non è espresso esplicitamente nell’opera cinematografica”
Così mi raccontava il Maestro Morricone la prima volta in cui ci siamo incontrati a casa sua a Roma il 3 aprile 2014. Ai tempi alloggiavo al collegio Marianum dell’Università Cattolica e stavo scrivendo la mia tesi di laurea triennale in Storia della musica con un focus sul ruolo della colonna sonora nei film.
Un’intervista a Ennio Morricone da inserire all’interno del mio progetto sembrava un sogno irrealizzabile e invece dopo un inusuale scambio di fax (sì, proprio il fax!) il Maestro mi telefonò e mi propose di conoscerci di persona. Mi accolse in casa come se fossi un membro della sua famiglia – a dimostrazione del fatto che i più grandi sono anche i più umili – e mi regalò uno dei pomeriggi più belli della mia vita parlandomi di quanto fosse importante scrivere la musica prima delle riprese del film affinché il regista potesse comprendere al meglio le intenzioni del compositore o di come lui abbia trovato una maniera per coniugare la musica assoluta (ovvero quella contemporanea) alla musica per i film (ovvero quella applicata).
Oltre che per il cinema, infatti, Ennio Morricone ha lavorato nel campo della musica leggera radiotelevisiva e ha arrangiato molte delle hit più grandi degli anni Sessanta dal calibro di “Se telefonando” di Mina, “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli e “Sapore di sale” di Edoardo Vianello. Per questo motivo, infatti, qualche anno fa ho ritelefonato al Maestro Morricone per coinvolgerlo nel mio progetto di tesi magistrale in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse (Cimo) sulla canzone italiana e anche in questa seconda occasione mi ha rilasciato un’intervista davvero speciale dando un quid in più alla mia ricerca.
Da qualche anno, oramai, lavoro presso la casa discografica Universal Music Italia e se sono così convinta di voler fare questo nella mia vita in parte è stato grazie agli incontri che ho avuto con il Maestro, agli insegnamenti che mi ha dato e alla passione che mi ha trasmesso. Mi ha educato a “vedere la musica” da più prospettive aprendomi la mente e per questo gli sarò grata per sempre.
Adesso il vuoto che ha lasciato è incolmabile, ma la sua musica vivrà in eterno.
* alumna Unicatt, laureata in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse (Cimo), interfacoltà di Lettere e filosofia e di Economia