di Luigi Campiglio *

Secondo l’analisi dell’Istat, nel 2016 la povertà assoluta in Italia è aumentata: il tasso è del 6,3% per le famiglie, e di poco superiore per le persone, in lieve aumento rispetto al 2015. La questione cruciale è che il tasso di povertà delle famiglie, dopo essere diminuito fra il 2013 e il 2014, ha ripreso a crescere ed è ritornato sul livello del 2013: il tasso di povertà assoluta, che si basa sui consumi finali delle famiglie al di sotto di soglie di povertà molto fini, è aumentato, mentre al tempo stesso il totale dei consumi privati è aumentato.

In altre parole ci sono più poveri assoluti nonostante il tenore medio di vita - misurato dai consumi finali delle famiglie - sia aumentato. Ciò va considerato insieme al fatto che emerge un implicito aumento della disuguaglianza dei consumi, e forse dei redditi, fra la metà inferiore delle famiglie e la metà superiore: cioè il consumo mediano. Fra il 2013 e il 2016 il consumo aggregato delle famiglie è aumentato del 3% ma ciò ha riguardato in larga misura la metà superiore di consumo e reddito.

L’aumento implicito della disuguaglianza dei consumi grava soprattutto sulle famiglie con figli, quindi presumibilmente con genitori ancora giovani: ma la disaggregazione dell’Istat consente di circoscrivere ancora meglio l’area. Il tasso di povertà è relativamente più elevato nelle periferie urbane, mentre nel centro delle aree metropolitane è in diminuzione. È più bassa per le famiglie di soli italiani, e riguarda circa un quarto delle famiglie di soli stranieri, per i quali l’accoglienza associata a un lavoro è molto più precaria.

Emerge in filigrana un problema su cui solo di recente è stato possibile far luce, utilizzando in modo diverso le soglie di povertà Istat. Per le famiglie povere, con un basso reddito, la casa rappresenta il costo fisso più gravoso: quello per l’abitazione e l’alimentazione copre quasi la metà dei loro consumi totali. Le famiglie povere si spostano nelle periferie o nelle cinture esterne, ma i costi fissi di affitto, luce, gas, acqua, energia, riscaldamento, manutenzione non diminuiscono in proporzione. Quindi, per pagare i costi fissi dell’abitare, ci si alimenta meno, o comunque in modo meno salubre. Ciò ha conseguenze pesanti.

Negli Stati Uniti il top 1% con maggiori redditi vive 16 anni di più del bottom 1%: i primi dati che emergono da ricerche recenti indicano che anche in Italia la disuguaglianza economica si traduce in disuguaglianza di salute e di qualità della vita. Se il Paese deve riprendere a svilupparsi e crescere è da qui, dalla drastica riduzione della povertà assoluta, che occorre partire.

* Ordinario di Politica economica nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica