Nuove forme di dipendenza si stanno affiancando a quelle più note legate alle sostanze stupefacenti o all’alcol. Si tratta della dipendenza da internet con email, social network, video, e da videogiochi e gioco d’azzardo. Un problema che non riguarda più solo i nativi digitali, ma anche gli adulti.
Sul piano fisiologico e delle neuroscienze, il meccanismo che si innesca in questi casi è il cosiddetto modello di reward, secondo il quale le persone costantemente alla ricerca di rinforzi indotti dall’ambiente, incorrono in forme comportamentali che producano una facile soddisfazione immediata, in una parola una ricompensa.
Si tratta di ricompense primarie, come nel caso in cui siamo indotti ad acquistare un prodotto perché produce un benefit in termini di benessere o di immagine sociale, ma anche quando siamo condizionati a considerare “benefico” il rinforzo di un “segnale digitale” che ci fa sentire il contesto e gli altri sotto il nostro controllo. Mentre sul piano relazionale si può incorrere in comportamenti di dipendenza da personificazione dei rapporti con gli altri fino a far diventare oggetti e contesti i sostituti delle relazioni interpersonali, come nel caso in cui sviluppiamo l’illusione di essere connessi al mondo attraverso il nostro telefono cellulare.
Di tutto questo si parlerà venerdì 4 marzo in Università Cattolica durante il convegno internazionale “Old and news addictions in the life span” (aula NI 110, via Nirone 15 a Milano, dalle 9.30 alle 17).
Durante il workshop si affronterà il tema delle dipendenze da internet e in generale dalle nuove tecnologie, un problema che non riguarda solo i nativi digitali ma anche molti professionisti con un imprescindibile bisogno di essere sempre connessi, di controllare email e social network fino ad accusare disturbi del sonno e ad avere una sorta di crisi di astinenza in assenza dei supporti digitali.
C’è però un’altra nuova forma di addiction sarà oggetto di dibattito e riguarda lo sviluppo di dipendenze da parte di pazienti affetti dal morbo di Parkinson, e in generale da disturbi del movimento, legate all’assunzione di farmaci volti ad aumentare i livelli di dopamina nel cervello del paziente.
Il sistema dopaminergico serve, infatti, ad attivare il controllo dei movimenti del corpo e, in seconda battuta, i comportamenti sociali. Recenti studi di neurofisiologia hanno messo in evidenza che un paziente su tre in seguito all’assunzione di questi farmaci, ottiene benefici dal punto di vista motorio ma al tempo stesso tende a sviluppare comportamenti deviati come il gioco d’azzardo, l’acquisto e l’alimentazione compulsivi, alterazioni del comportamento sessuale, internet e PC addiction e altri con minore frequenza.
A tutte queste forme di dipendenza si possono affiancare terapie psicologiche di tipo cognitivo-comportamentale, volte a ripristinare un equilibrio nelle relazioni sociali e nell’utilizzo di oggetti e strumenti, e a ricondurre la persona a un benessere personale e interpersonale. A collaborare con ricercatori e psicologi sono chiamate le famiglie di questi soggetti che spesso si trovano ad affrontare reazioni impreviste e sconosciute da parte del proprio familiare. Alcune ricerche recenti ci dicono, inoltre, che tecniche neurofisiologiche di neuromodulazione (come la Stimolazione Magnetica Transcranica, TMS) possono supportare questo percorso cognitivo-comportamentale, offrendo nuove frontiere di intervento.