«Non possiamo abbandonare l’Italia: quella che chiamiamo democrazia è composta da elementi che derivano da storie diverse. Tenere insieme le spinte a volte è difficile, ma non si può smettere di farlo». Con queste parole, il 15 novembre, il professor Sabino Cassese, uno dei massimi giuristi italiani e giudice della Corte Costituzionale dal 2005, ha introdotto la sua lectio magistralis dal titolo “Globalizzazione e mutamenti della democrazia”.
La democrazia, ha spiegato Cassese, è come un edificio costruito con cemento, legno, acciaio e quindi le sue basi possono essere minate. Un pericolo, per esempio, è costituito dal sistema elettorale maggioritario. Sull’argomento il professor Cassese aveva già espresso la sua posizione nel 1995, quando, dopo aver ricoperto l’incarico di ministro della Funzione pubblica all’interno del governo Ciampi del 1993-1994, aveva pubblicato il libro Maggioranza e minoranza. Il problema della democrazia in Italia. Nel corso della lectio ha ricordato gli effetti dell’introduzione del maggioritario, un «sistema che dà stabilità ma non garanzie».
Per questo motivo, ha detto il giudice, è ancora più urgente riflettere sul valore della democrazia, che etimologicamente esprime il rapporto tra la società civile e le istituzioni. Un rapporto tra «un sopra e un sotto» che rischia però di venire meno a causa dell’intervento di soggetti esterni che «si sostituiscono a quel demos, cioè al popolo, che dovrebbe far sentire la propria voce». Tra i soggetti che, secondo il professore, interferiscono nel processo democratico ci sono l’Osce, istituito nel 2006 come strumento europeo per la democrazia, ma anche la strategia di allargamento dell’Ue che impone parametri precisi ai Paesi candidati. Cassese ha citato il caso della Turchia, che ha dovuto varare nuove norme sulla libertà di associazione e la libertà di stampa, «ma una democrazia globale in cui organismi sovranazionali dettano norme per lo svolgimento democratico è un ossimoro: non esiste un tipo di democrazia “cosmopolita”», ha continuato, non nascondendo la sua preoccupazione sul processo di globalizzazione in corso: «Viviamo a contatto con oligarchie mondiali che operano mettendo a rischio l’autonomia dei singoli Stati. Mi spaventa il deficit democratico in cui stiamo cadendo. L’Onu conta 193 stati membri, ma, paradossalmente, le organizzazioni globali sono 2.000, mentre le Ong registrate arrivano addirittura a 40mila».
D’accordo con lui, Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di Economia politica dell’Università Cattolica e vicepresidente dell’Accademia dei Lincei, intervenuto insieme alla professoressa Maria Agostina Cabiddu, docente di Diritto pubblico comparato, alla lezione promossa dalla facoltà di Scienze politiche e dalla Scuola di dottorato in Istituzioni e politiche. Secondo Quadrio Curzio la democrazia ha componenti fondamentali irrinunciabili, tra i quali la costituzionalizzazione dei diritti fondamentali e la legittimazione dei governanti: «Se passiamo al piano sovranazionale, però, ci sono istituti e organizzazioni che sfuggono a qualsiasi collocazione. Ma chi stabilisce i limiti d’azione di queste istituzioni?». Una domanda che resta aperta e pone una «riflessione necessaria» sulla democrazia e sulla partecipazione popolare.