Primavere, integrazione, convivenza costruttiva tra diverse religioni; speranze e preoccupazioni riproposte ripetutamente quando si parla del Medioriente e Nord Africa. Ma anche ruoli e responsabilità che investono l’occidente nei suoi trascorsi coloniali. Argomenti di bruciante attualità che trovano un significato tra le righe del libro: “I cristiani e il Medio Oriente” di Giorgio Del Zanna edito da Il Mulino, presentato il 30 novembre nella sede di via Nirone a Milano. A introdurre la presentazione, lo storico della Cattolica Agostino Giovagnoli, il giornalista del Corriere della Sera Antonio Ferrari, il professor Silvio Ferrari dell’Università degli studi di Milano, e l’islamista dell’ateneo di largo Gemelli Paolo Branca. La conclusione è stata affidata all’autore, docente di Storia moderna e contemporanea in largo Gemelli.
Il libro inquadra il ruolo dei cristiani durante l’ottocento mediorientale, non necessariamente dipingendoli come perseguitati ma come innovatori e promotori di modernità. Antonio Ferrari, contestualizzando quel periodo, ricorda come i cristiani negli odierni territori di Giordania, Iraq e Libano, godevano di un certo benessere e la loro integrazione era comprovata anche dalla presenza politica nelle istituzioni. Rappresentavano il collante fra le varie etnie fino all’avvento delle potenze occidentali che si spartirono le spoglie del decaduto Impero Ottomano.
La caduta dell’impero, secondo Silvio Ferrari, ha trascinato con sé il pluralismo delle comunità. Le minoranze etniche e religiose, un tempo godevano dell’universalità che accomunava diversi territori sotto la guida egemone dell’imperatore. Dopo la prima guerra mondiale, questo personaggio principale viene a mancare e con esso la convivenza, prontamente sostituita dall’ideale di nazione, inculcato dalle potenze coloniali inglese e francese. Degenerando, successivamente, in ultranazionalismi, creati da golpe militari alimentati dalla cacciata europea. Una gestazione non ancora conclusa: si è alla ricerca, tramite movimenti come la primavera araba, di un equilibrio che si spera possa garantire una laicità dello stato a salvaguardia delle minoranze religiose. Oltre a determinare le cause storiche dell’instabilità attuale. «Il libro riempie alcune carenze, soprattutto quelle culturali radicate nel nostro Paese – fa notare Paolo Branca - . Non tutti gli arabi sono musulmani, basti pensare ai copti egiziani; tutti hanno diritto a praticare la propria religione e lo Stato ad accogliere le minoranze». La delicatezza del tema e la ricchezza d’argomenti impone delle riflessioni sulla nostra realtà: la parola chiave è integrazione, l’unico modo fruttuoso per garantire il pluralismo e far interagire le giovani generazioni cristiane, ebree e musulmane.
Ritornando sullo scenario mediorientale, il professor Del Zanna conclude auspicando che i cristiani possano giocare in futuro non un ruolo da reliquia, ma di anima di un pluralismo vitale per questi paesi interessati dal movimento democratico. Un modello che potrebbe ispirarsi al modello turco, in cui la laicità dello stato permette alla religione predominante, l’Islam, di vivere rispettando la libertà delle minoranze religiose.