All’interno della giornata di studi organizzata da Centro di ricerca europeo Libro Editoria Biblioteca (Creleb), dedicata al problema della valutazione della ricerca universitaria, un seminario è stato riservato specificamente alla valutazione nelle discipline umanistiche. Esperti della materia e docenti, con le loro relazioni, hanno offerto preziosi spunti di riflessione per avviare un percorso che è ancora tutto da fare. Il problema della valutazione dei frutti delle ricerche condotte nelle Università italiane è infatti all’ordine del giorno e, se per le discipline scientifiche i parametri in uso possono essere di qualche utilità – i parametri bibliometrici, ad esempio, possono essere applicati con qualche risultato, stante il buon numero di ricerche in campo scientifico registrate nelle principali basi di dati –, per le discipline umanistiche parametri e standard valutativi sono ancora tutti da decidere.
Nel suo intervento introduttivo al seminario, Edoardo Barbieri, direttore di Creleb, ha messo in evidenza alcuni punti fermi da cui si può partire per trovare dati oggettivi attraverso cui valutare ricerche che, proprio per la loro stessa natura, sembrano sfuggire ai criteri dell’«oggettività». Ne è emersa, tra le altre, la necessità di distinguere le tipologie di pubblicazione: tra articoli in rivista, monografie, curatele di volumi miscellanei; la necessità che vengano istituite collane specialistiche, la cui accuratezza sia di garanzia di qualità per le ricerche che vi vengono pubblicate, più del generico prestigio di una casa editrice in confronto a un’altra; la necessità, infine, che i dati bibliografici disponibili siano più completi di quelli attuali, con l’auspicio, ad esempio, che un record bibliografico venga integrato con la possibilità di avere in formato digitale un abstract o addirittura il full text della pubblicazione.
Il seminario si è poi aperto con una panoramica sulla ricerca in Italia negli ultimi trent’anni fornita da Cinzia Daraio dell’Università degli Studi di Bologna, che ha messo in evidenza un andamento in discesa, che ha portato l’Italia ad avere un profilo simile a quello dei Paesi in via di sviluppo in termini di collaborazioni internazionali. Le ricerche in campo umanistico, invece, come ha sottolineato Paola Galimberti dell’Università Statale di Milano, non riescono nemmeno a essere censite in modo soddisfacente a causa della mancanza di una base di dati unitaria. La necessità più cogente si configura dunque come la standardizzazione dei metadati e delle classificazioni delle pubblicazioni e la costruzione di basi di dati locali che vengano gestite centralmente dal Ministero.
Ma esiste un rischio, emerso dalla relazione di Alberto Baccini, cui si va incontro nella codificazione di criteri di valutazione, ed è il pericolo che la valutazione interferisca nella ricerca e la condizioni. L’obiettivo deve essere dunque chiaro: valutare la ricerca senza toglierle dignità e libertà. Resta da vedere se questo è possibile.