Che le pubblicazioni religiose coprano una fetta della produzione editoriale nazionale è cosa nota, ma l’occasione per una riflessione accurata sul ruolo dei media all’interno del mondo della spiritualità non è altrettanto scontata. Da questa premessa parte la ricerca coordinata da don Giuseppe Costa, direttore editoriale della Libreria Editrice Vaticana, sfociata con la pubblicazione del volume “Editoria, Media, Religione” presentato all’Università Cattolica lo scorso 6 maggio. Il lavoro di don Costa raccoglie il contributo di 12 esperti che fanno il punto del rapporto tra religione e comunicazione e gettano le basi per uno studio approfondito di cui il libro non è che il tassello iniziale. Alla presentazione, insieme all’autore, sono intervenuti Silvano Petrosino, docente di Istituzioni di filosofia, Ruggero Eugeni, direttore dell’Alta Scuola in Media e comunicazione dell’Università Cattolica, e il fotografo Giovanni Chiaramonte, che ha collaborato alla stesura di uno dei capitoli del libro.
«Credere che la religione possa essere solo un oggetto, un mero contenuto mediatico è riduttivo – ha esordito il professor Petrosino -. Questo non è che l’approccio: la questione infatti è ben più grande in quanto occorre riflettere sulla sacralità del medium stesso». Così parlare di media e religione diventa qualcosa di ancora molto profondo, un tema che di fatto non è ancora stato affrontato. Concetto ribadito anche dal professor Eugeni: «La questione non consiste in una rilettura della storia della letteratura cattolica, ma occorre ramificare il discorso ponendo al centro l’attenzione cattolica per i media. L’obiettivo? Comprendere la ritraduzione del messaggio cristiano all’interno del mondo della comunicazione. Tutto ciò si pone infatti all’interno della saggezza popolare cristiana, una conoscenza che presenta un’irriducibile forza mediatica».
La ricerca che ha portato alla stesura del volume parte da un’osservazione di don Costa sui rischi di confusione epistemologica che investono il mondo della comunicazione, soprattutto in ambito formativo, dove competenze e linguaggi si sovrappongono a prescindere dal medium in questione, generando una vera e propria lacuna italiana in materia di teologia della comunicazione. «Il problema è il linguaggio – ha concluso don Costa -. Ogni strumento ha il suo ma sta a noi riuscire a cogliere gli elementi comuni e allo stesso tempo creare percorsi diversificati nello studio dei mezzi. Ci deve essere una convergenza, ma non nei linguaggi: non a caso i nuovi media non sostituiscono quelli vecchi perché affrontano tematiche con linguaggi moderni e diversi».