«Scuola e cittadinanza sono parole altamente costituzionali che definiscono insieme diritti e doveri». Così Enzo Balboni, docente di Diritto costituzionale, ha introdotto la presentazione del libro di Milena Santerini, “La scuola della cittadinanza”, pubblicato dalla pedagogista della Cattolica per Laterza. La presentazione è stata l’occasione per affrontare i grandi temi di identità e cittadinanza nel contesto della globalizzazione. Al dibattito in aula Negri da Oleggio di largo Gemelli hanno partecipato lo scorso 3 aprile Valentina Aprea, presidente commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera, Elena Besozzi, docente di Sociologia dell’educazione, e Giangiacomo Schiavi, vicedirettore del Corriere della Sera.
«Dal punto di vista del sociologo – ha sostenuto la professoressa Besozzi – il merito del libro è di contestualizzare il problema e di proporre modelli e pratiche mirate al suo superamento». Cercando di rispondere a una domanda: qual è il progetto di società oggi? Secondo la sociologa il volume indica «la necessità di produrre soggetti che costruiscano la società, che formino il lavoratore ed educhino il cittadino». Ecco perché scuola e cittadinanza devono procedere di pari passo: la sfida è quella di «tutelare l’uguaglianza nel diritto alla diversità. Per gli stranieri, per esempio, la salvaguardia del diritto all’istruzione deve coniugarsi con il diritto di rappresentanza».
Su questo punto si innesta il ragionamento della parlamentare Valentina Aprea: «A scuola i ragazzi sono tutti uguali. Stiamo cercando di affrontare il problema del concentramento degli alunni stranieri nelle classi, anche quelli di seconda generazione, che stranieri lo sono solo per la legge, ma non di fatto. Il tetto del 30% – ha continuato la Aprea – è derogabile: ma attraverso le quote il governo vorrebbe garantire l’eccellenza e l’alto livello di apprendimento per tutti gli studenti». Quindi la necessità è duplice: «Primo, educare all’integrazione per esaltare il valore della cittadinanza; secondo, stipulare un patto fondato su diritti e doveri tra lo Stato e i nuovi cittadini. Se l’immigrazione dei padri sta portando benefici economici all’Italia, il nostro compito sarà restituire ai figli nuovi diritti».
Secondo Giangiacomo Schiavi l’idea di cittadinanza si costruisce con lentezza: «È come coltivare i datteri». Il vicedirettore del Corriere della Sera, da sempre convinto che il buon giornalismo sia quello che «è in grado di suscitare il senso della comunità, sdoganando le buone notizie», ricorda che la cittadinanza si nutre di esempi: «Come quell’imprenditore di Adro che ha donato diecimila euro al comune per garantire la mensa agli alunni delle elementari che non potevano permettersela. Il suo gesto ha mostrato una via possibile verso pratiche virtuose». Schiavi è ritornato al merito del libro sottolineandone un’altra peculiarità: «La scuola della cittadinanza pone al centro l’infanzia e l’istruzione per lo sviluppo di un nuovo senso civico».
Una peculiarità che l’autrice Milena Santerini sintetizza così: «Parlare di cittadinanza è parlare di scuola. Un’istituzione come questa deve essere aperta, giusta, attenta e civica. Gli insegnanti devono essere formati per trasmettere le più alte virtù civiche. Non è più possibile distinguere tra istruzione ed educazione: non si può più parlare di convivenza senza cittadinanza».