Cinque modi diversi di leggere la misericordia. È la proposta dell’Università Cattolica per celebrare i dieci anni di attività dei cinque Centri di Ateneo: Bioetica, Studi e ricerche sulla Famiglia, Dottrina Sociale della Chiesa, Solidarietà internazionale e Vita.
Nel corso di cinque incontri, in programma tra maggio e novembre, ogni centro declinerà in modo particolare il tema “I volti e le parole della Misericordia”. Si inizia giovedì 19 maggio alle 17.30 in sala Negri da Oleggio con il Centro di Ateneo di Bioetica, che proporrà una riflessione su “Morire davanti a Dio e agli uomini. Misericordia e dedizione”.
Dopo i saluti del rettore Franco Anelli e l’introduzione del direttore del Centro d’Ateneo di Bioetica Adriano Pessina, interverrà Rav. Riccardo Di Segni (nella foto), Rabbino capo della Comunità ebraica di Roma e vice-presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica.
«Per lungo tempo si è sostenuto che l’Occidente sarebbe afflitto da una vera e propria censura del tema della morte» afferma il professor Pessina introducendo l’incontro. «Oggi si potrebbe forse dire il contrario, se si guarda al continuo riemergere dei dibattiti sull’eutanasia e sul suicidio assistito. Non la morte, spesso evocata e persino definita paradossalmente all’insegna del diritto, ma i tempi lunghi della malattia e della dipendenza sembrano angosciare e spaventare l’uomo contemporaneo. Per questo è oggi necessario tornare a pensare alle pratiche di assistenza e di cura del morente e riproporre con coraggio e originalità il tema del morire».
Il Centro di Ateneo di Bioetica ha ritenuto importante vivere lo spirito dell’anno della Misericordia aprendo uno spazio di riflessione su come la fedeltà di Dio all’uomo possa manifestarsi nelle pratiche di assistenza e di cura delle fasi finali della vita dell’uomo.
«L’incontro con il Rabbino capo di Roma, Rav Di Segni, vice presidente del Comitato Nazionale per la bioetica, costituisce un’occasione per chiedersi se, nell’epoca in cui la medicina si è impadronita in molti modi dell’esistenza umana, gettando uno sguardo clinico sui suoi fenomeni, l’esperienza del morire può ancora conservare i suoi significati umani, religiosi e simbolici o se è destinata ad essere misurata dai linguaggi giuridici, dalle carte di autodeterminazione, dalle censure preventive sul senso del limite umano» prosegue il professor Pessina. «L’università è l’ideale spazio pubblico in cui è necessario mantenere aperto il dialogo tra la ricerca filosofica sul senso della vita e il dialogo con le esperienze di fede che interpellano l’umano e sollecitano il pensiero cristiano a proporre strade condivisibili e condivise per un concreto bene comune».