Lunedì 22 settembre si è svolta nella sede di Milano la Tavola rotonda dal titolo: “Corruzione e compliance: nuove prospettive internazionali” organizzata dal Centro Studi "Federico Stella" sulla Giustizia penale e la Politica criminale (CSGP), in occasione della presentazione del volume Preventing Corporate Corruption. The Anty-Bribery Compliance Model, a cura di S. Manacorda - F. Centonze - G. Forti, edito da Springer nel 2014.
I lavori sono stati presieduti da Francesco Centonze, professore di Diritto penale della sede piacentina dell‘Università Cattolica, il quale, introducendo la discussione, ha ricordato che il volume è il frutto di un progetto di ricerca internazionale iniziato nel 2012 sotto l'auspicio delle Nazioni Unite, con il coordinamento scientifico del CSGP e di ISPAC. Il progetto, partendo dai risultati di una survey empirica e da un’attenta analisi dalle best practices e delle fonti normative e regolamentari esistenti - di cui è dato ampio riscontro nel volume -, ha portato all’elaborazione di un modello di compliance program denominato ABC Model (Anty Bribery Corruption Model).
In apertura dei lavori è intervenuta Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano, la quale ha espresso piena adesione all’iniziativa, condividendo la necessità che il processo di costruzione delle regole veda l’interazione tra pubblico e privati in una costante sinergia. La discussione ha quindi preso avvio con l’intervento di Michele Grillo, professore di Economia Politica dell’Università Cattolica, il quale si è soffermato sulla complessità del tema degli incentivi alla compliance nelle organizzazioni complesse, nelle quali motivazioni individuali e organizzative, endogene ed esogene, intrinseche ed estrinseche si intrecciano strettamente.
Il relatore ha suggerito l’introduzione di incentivi non solo di segno negativo (sanzioni), ma anche di tipo positivo (premi) in grado di incidere sulla cultura organizzativa o sulle motivazioni intrinseche (etiche) dell’individuo per incoraggiarlo a opporsi a una cultura di impresa compromessa. Sulle valutazioni che muovono i vertici aziendali all’adozione e implementazione di compliance programs è intervenuto invece Gaetano Maria Giovanni Presti, professore di Diritto commerciale dell’Università Cattolica. Richiamata la necessità per chi amministra una società di perseguire l’interesse sociale, il rischio di un under investment sembra un esito scontato, se i costi per l’adozione di compliance programs sono superiori ai benefici premiali ottenuti dall’ente una volta che il reato è scoperto e perseguito. Sarebbe dunque fondamentale istituire misure premiali anche di tipo positivo, per esempio attraverso un rating pubblico di legalità che assicuri alle imprese dei vantaggi anche in termini economici e di business.
Sulle criticità dell’adozione di compliance programs in assenza di un’adeguata formazione dei membri dell’organizzazione si è focalizzato l’intervento di Marella Caramazza, direttore generale della Fondazione Istud. La relatrice ha rilevato che i compliance programs spesso sono solo “rituali”, incapaci di incidere sulla cultura d’impresa o sulle motivazioni individuali. Un utile correttivo potrebbe essere un maggiore coinvolgimento del personale in un’esperienza collettiva, sociale, di trasmissione di premesse decisionali in grado di spezzare quei circoli viziosi che portano il singolo alla commissione del reato nelle strutture complesse.
Sempre sugli elementi che incidono negativamente sull’adozione di compliance programs è intervenuto anche Giovanni Negri, giornalista de Il Sole 24 Ore, che ha sottolineato due aspetti in particolare: le valutazioni di inadeguatezza predominanti nella nostra giurisprudenza e la consapevolezza che anche un buon sistema disciplinare interno può rivelarsi inutile, quando gli autori del reato siano i vertici dell’ente. Valutazioni più strettamente penalistiche sono state proposte da Eugenio Fusco, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, il quale ha rilevato che il sistema non può funzionare se l’adozione ex ante di un compliance program non è conveniente per l’impresa, posto che l’impresa non potrà che allinearsi alla difesa della posizione dell’imputato persona fisica. Attraverso l’impiego corretto e diffuso degli istituti e strumenti processuali (ad es. patteggiamento, archiviazione, confisca) che consentono nel nostro ordinamento margini di discrezionalità d’azione maggiori rispetto a quelli per le persone fisiche, esiste, tuttavia, la possibilità di applicare alle imprese sanzioni dissuasive e non soltanto punitive e di favorire una difesa dell’ente realmente autonoma rispetto a quella dell’autore del reato.
Pur constatando che di fronte a un fenomeno endemico come la corruzione lo strumento penalistico si presenta del tutto inadeguato, Francesco Mucciarelli, professore di Diritto penale dell’Università Luigi Bocconi, ha comunque sottolineato che una combinazione di regolamentazione intermedia, educazione alla legalità nelle imprese e minaccia penale sembra essere la ricetta a cui gli stessi operatori economici affidano le loro speranze. In questa prospettiva, la combinazione, proposta dalla ricerca presentata nel volume oggi presentato, di contemporaneo miglioramento dell’effettività del sistema penale e dei compliance programs si muove nella giusta direzione.
Ha concluso la tavola rotonda, Stefano Manacorda, professore di Diritto penale della Seconda Università degli Studi di Napoli, il quale ha posto l’accento sia sul deficit di armonizzazione delle normative internazionali in tema di corruzione, sia sulla necessità di rivedere il sistema di incentivi alle imprese che implementino compliance programs. Il volume affronta tutte queste problematiche, fornendo soluzioni concrete. In particolare, l’ABC Model nasce con l’ambizione di diventare, da un lato, punto di riferimento per le imprese multinazionali che vogliano adottare efficaci sistemi anti-corruzione, da un lato strumento per gli Stati nella creazione di modelli normativi, sia nazionali che internazionale, uniformi e realmente incentivanti il rispetto delle norme.
MILANO
Corruzione internazionale, nuovi scenari di prevenzione
La presidente del tribunale Livia Pomodoro, i professori della Cattolica Michele Grillo e Gaetano Maria Giovanni Presti, il giornalista del Sole 24 ore Giovanni Negri e altri esperti si sono confrontati sulle ultime sfide del fenomeno