«Trattare il tema dell’austerità con semplicità e chiarezza, nell’intento di rivolgersi e di farsi comprendere da un pubblico non specializzato». Così Marco Girardo, giornalista di Avvenire, nelle vesti di moderatore ha aperto l’interessante incontro che lo scorso 16 aprile si è tenuto nella libreria Vita e Pensiero di largo Gemelli per presentare Salviamo l’Europa dall’austerità, il libro di Andrea Terzi appena pubblicato dall’omonima casa editrice. «Esistono parole che diventano dei monopoli nel dibattito internazionale e rischiano di essere usate anche in modo improprio - ha continuato il giornalista -. “Spread”, per esempio, oppure “austerity”. Il libro di Terzi permette di andare alla radice del pensiero che porta con sé questo concetto che ha origine culturale e ora è protagonista del dibattito politico italiano e europeo». Assieme all’autore, docente di Economia alla Franklin University Switzerland e Research Associate al Levy Economics Institute di Bard College (NY), hanno partecipato Massimo Bordignon, direttore del Dipartimento di Economia e finanza dell’Università Cattolica, e Fabrizio Spada, direttore della Rappresentanza della Commissione Europea a Milano.
Il tema affrontato nell’incontro - non a caso intitolato Europa al bivio: austerità vs crescita - è di estrema attualità, viste le imminenti elezioni europee e il crescente sentimento antieuro che, seppur con motivazioni diverse, accomuna diversi schieramenti politici. Alla sua nascita l’euro era stato considerato come un importantissimo impulso al mercato unico con il conseguente libero scambio di persone, il consolidamento del processo di integrazione e la maggiore coesione dei popoli europei. In occasione della prima vera crisi, iniziata nel 2008 col fallimento di Lehman Brothers, si è però avuta la sensazione dell’inadeguatezza di quel progetto. In questo momento la moneta europea si trova di fronte alla sfida più difficile: recuperare le proprie potenzialità, oggi soffocate dalle costrizioni dovute alle politiche di austerità che l’Europa stessa si è data.
«Occorre seguire una strada diversa - ha spiegato Andrea Terzi -. L’Europa deve abbandonare l’atteggiamento suicida e ricominciare a credere nelle proprie potenzialità e nel proprio patrimonio intellettuale per dare ai popoli europei una prosperità comune e condivisa, e all’Europa la capacità di contare negli equilibri internazionali». E ha aggiunto: «Gli sforzi eccessivi nel riequilibrio della finanza pubblica, specialmente nei paesi più in crisi, sono stati controproducenti. Per risollevare l’economia bisogna accrescere la domanda aggregata puntando sull’export e su un aumento della spesa pubblica al netto delle tasse. Pensare di risollevare il paese non aumentando il disavanzo pubblico e cercando di costringere le banche a fare prestiti all’imprese non porterà a una situazione di cambiamento». Per il docente della Franklin University un esempio del passato è la crisi bancaria tedesca degli anni Trenta, che portò alla Seconda Guerra Mondiale, causata - secondo studi ufficiali della BCE - da un’austerità pazzesca e dalla proibizione alla banca centrale tedesca di acquistare titoli di stato. «Ritengo che la soluzione - ha rimarcato l’autore - sia la condivisione di disavanzo a livello europeo, finanziato dagli Eurobond, e la creazione di un organo di cooperazione fiscale che affianchi la Banca Centrale Europea, fino alla costituzione di un Tesoro comune europeo».
Nel suo intervento Massimo Bordignon ha condiviso molti dei concetti espressi nel libro, pur se ha messo in evidenza alcuni punti di disaccordo. «In effetti, in momenti di recessione economica, come quelli attuali, il peggio che si può fare è cercare di “stringere” la cinghia, perché questo può portare a situazioni dannose». Bordignon si trova d’accordo anche sul tema della mancanza della domanda aggregata ma, a differenza di Terzi, ritiene che il disavanzo e il debito pubblico possano avere elementi negativi nel breve periodo. L’economista della Cattolica punta il dito anche contro l’incompiutezza di una federazione europea. «La creazione di una moneta unica europea non è stata accompagnata dalla formazione di una sovranità politica comune e da strumenti che permettano a una federazione coeva di affrontare insieme problemi di questo tipo. Il problema europeo non è tecnico, ma politico: le decisioni riguardanti l’Europa le prendono i capi di ciascuno stato e paradossalmente nessuno parla per gli interessi della Ue». Secondo il professor Bordignon la soluzione tecnica auspicata dall’autore del libro è raggiungibile solo quando verrà data autorità politica all’Europa, per esempio facendo eleggere il presidente della Commissione direttamente dai cittadini dei 28 stati membri. Per arrivare agli Stati Uniti d’Europa ci vorranno generazioni, ma il primo passo sarà legittimare i suoi funzionari.
Sulla stessa linea anche Fabrizio Spada. «Non so quanto la tendenza antieuropeista, così esposta oggi nei media, trovi riscontro reale nelle opinioni dei cittadini. L’entrata nell’Unione Europea e la moneta unica hanno portato grandi vantaggi: la demonizzazione dell’Europa e dell’euro sono totalmente ingiustificate. Il problema dell’Italia, in particolare, nasce dal non aver attuato le riforme necessarie che l’entrata in una moneta con una valuta forte come l’euro presupponeva. La nostra classe politica ha aumentato a dismisura il debito pubblico, che dal 2000 a oggi è passato da 1.300 a 2.100 miliardi di euro. È inutile piangersi addosso: bisogna cercare di far ripartire l’economia reale».