Oggi, 23 aprile, è la giornata mondiale della lettura: festeggiamo perché la lettura è un valore, come il lavoro, come la libertà. La lettura è un valore perché è il veicolo principale della cultura e la cultura è quel tessuto che tiene uniti i mondi quando il resto sembra sgretolarsi.
Abbiamo incontrato in Libreria Vita e Pensiero lo scrittore iraniano Kader Abdolah. La sua è una storia che è già un romanzo: ha pubblicato due libri nel suo Paese prima di essere costretto all’esilio; perseguitato prima dal regime dello Scià, successivamente dagli ayatollah, ha ripiegato in Olanda nel 1988 come rifugiato politico seguendo l’invito delle Nazioni Unite. Da allora ha scritto e pubblicato in nederlandese, imparando da autodidatta, a 34 anni, una lingua che è diventata la sua seconda patria. In Italia ha pubblicato i suoi romanzi con Iperborea e tra questi Il corvo, un breve e appassionante ritratto scritto, è tra i 24 che formano la collana dell’iniziativa Aie #ioleggoperché. Il 22 aprile è stato ospite della lezione aperta del Laboratorio di Editoria del professor Roberto Cicala, inaugurando gli eventi legati alla giornata del libro in Università Cattolica.
Nel suo romanzo Il messaggero racconta la storia di Maometto mescolando eventi storici e immaginazione: nella quarta il suo epiteto è quello di “costruttore di ponti tra culture”. Siamo in un momento storico particolarmente delicato per quello che riguarda il rapporto tra le religioni, sono giorni in cui il terrorismo si mescola al credo. Qual è il ruolo di uno scrittore come lei in questo scenario? La letteratura ha la forza per “costruire ponti”? «Si, è dovere di uno scrittore spiegare le cose più difficili. Oggi si parla tanto d’Islam, del Corano… io ho scritto un libro su Maometto, perché volevo creare un ponte per voi, per far capire la sua storia. Per farvelo amare? No, per farvi leggere e quindi capire. Questa è la strada».
Se dovesse consigliare un suo libro ai membri dell’Unione Europea che affronteranno il grave problema dei profughi in fuga dalla Libia e da altri Paesi in guerra verso le coste del Mediterraneo, quale consiglierebbe? «Un libro che arriverà in Italia l’anno prossimo che parla proprio dell’immigrazione, delle sue storie. Ma per non farli aspettare troppo ne consiglio un altro, Il corvo, dove racconto brevemente la mia storia di rifugiato, che non è solo mia, ma è anche vostra, di tutti. Il libro parla di problemi, speranza, futuro e dell’Italia».
I libri possono essere la chiave per l’integrazione? «È l’unica via. Abbiamo bisogno di storie, di immaginazione. La realtà sono 700 persone, 700 rifugiati, in fondo al mare. Nella realtà abbiamo guerre, conflitti politici. È necessario immaginare altro: con l’immaginazione, la scrittura, i libri, possiamo creare un nuovo mondo e possiamo aiutarci a vicenda, capire i problemi, parlare del nostro futuro, delle nostre speranze. 700 rifugiati nel mare, 700 sogni annegati… puoi raccontarli solo attraverso la letteratura».
Il suo #ioleggoperché… «Io leggo perché un giorno, avevo 10 anni, ho trovato un libro sulla strada. L’ho preso. L’ho letto. Ha cambiato la mia vita. Io leggo perché voglio cambiare la mia vita oggi, domani e dopodomani. È l’unica via per cambiare le vostre vite: un libro, la letteratura».
In onore di questa giornata vi riportiamo una citazione, tratta proprio da Il corvo: «Gli antichi maestri sostengono che Dio ha lasciato un frammento di sé nell’uomo quando l’ha creato. Gli ha donato una delle sue prerogative più potenti: la forza dell’immaginazione. È un segreto cui hanno accesso solo gli esseri più nobili. Quindi, giovanotto, pensa una cosa e rendila possibile. È quello che ha fatto Dio: ha pensato l’uomo e ha creato l’uomo. Ha pensato il sole e ha creato il sole. È questo il segreto».
* Grazie a Pietro Biancardi, editore Iperborea, per la collaborazione.