L'agroalimentare made in Italy esportato in Cina è ai primi posti nel mondo, ma il mercato del gigante riserva ancora molte incognite anche sul versante della normativa sulla sicurezza. Per sciogliere alcuni nodi della questione la sede di Piacenza ha ospitato il 23 luglio Chu Xiaogang, esperto di analisi chimiche di alimenti e bevande, membro della Chinese Academy of Quality Supervision, Inspection and Quarantine. L'accademia è uno tra gli istituti a fornire supporto tecnico ai policy maker e a chi desidera cooperare in tema di indagine scientifica per la qualità dei prodotti di largo consumo. In base al lavoro svolto dai suoi centri di ricerca vengono sviluppati i controlli sugli alimenti in entrata nel mercato cinese.
L'Italia è al 26° posto nel mondo per valore delle esportazioni nel settore verso la Cina. Ed è il primo fornitore di cioccolato con una quota che supera il 40%. Seguono pasta, olio di oliva, spumante, acque minerali, caffè, vino e formaggi. «Tuttavia, fino a quando Pechino non renderà pubbliche le proprie procedure di analisi e i limiti tollerati di sostanze nocive - sostiene Lorenzo Morelli, preside della facoltà di Agraria - entrare nel suo mercato continuerà a essere difficile. Gli alimenti girano per tutto il mondo, vanno e vengono, la loro sicurezza dipende dal tipo di analisi che si fanno e forse non si sa che ad oggi manca un accordo mondiale». Col rischio che si generino contestazioni e disaccordi. Ne è un esempio la minacciata indagine sulle importazioni di vino dall'Europa in risposta all'innalzamento delle imposte sui pannelli solari cinesi da parte dell'Ue. E proprio sulla necessità di uniformare i metodi di valutazione e di validazione delle ricerche e delle indagini sugli alimenti ha insistito Chu Xiaogang, per evitare che in una stessa partita di cibo uno Stato trovi dei batteri mentre un altro no.
La "Chinese Academy" ha finora firmato accordi di cooperazione con organismi di "food safety" di Usa, Gran Bretagna e Olanda. L'incontro di martedì scorso ha rappresentato un importante primo passo per lo sviluppo di una partnership con la sede della Cattolica a Piacenza che tra i docenti conta alcuni membri dell'Efsa, l'autorità europea di controllo degli alimenti.