«L’Ufficio scolastico regionale non deve presentare progetti belli, ma rispondere a dei bisogni: quelli dei nostri bambini». Con le parole di Morena Modenini, dirigente dell’Ufficio scolastico regionale (Usr) della Lombardia, si è concluso venerdì scorso in Cattolica il convegno La Lavagna sul Comodino. Al centro il percorso di ricerca e formazione rivolto agli insegnanti del sistema Scuola in Ospedale e dell’istruzione domiciliare, attivato nel 2010-2011 dall’Usr e dal Centro di ricerca sull’Educazione ai media e alla tecnologia (Cremit) dell’Università Cattolica. La ricerca, raccolta nel volume “La lavagna sul comodino” (a cura di Pier Cesare Rivoltella, Morena Modenini, Vita e Pensiero, Milano 2012), è nata dalla necessità di ripensare la scuola in ospedale in Lombardia - un sistema costituito da 26 sedi ospedaliere e 89 insegnanti - per valorizzare e diffondere le migliori esperienze realizzate e progettare una distribuzione territoriale adeguata ai bisogni reali.
L’indagine ha evidenziato che non tutte le provincie lombarde sono coperte dal servizio, assente in molte tra le strutture ospedaliere di grandi dimensioni e situate in provincie ad alto tasso di degenza, come alcuni tra i principali ospedali di Milano. Inoltre, solo in 3 sedi su 26 totali sono presenti docenti di tutti i gradi di scuola, mentre nelle restanti 23 prevalgono docenti di infanzia e primaria. L’indagine ha rilevato che sul totale dei docenti presenti il 19% si riferisce ai docenti della scuola dell’infanzia, il 49% ai docenti di primaria, il 18% a quelli della secondaria di primo grado e soltanto il 13% a quelli della secondaria di secondo grado. Dato, quest’ultimo, di estrema importanza, considerato che sul totale dei ricoveri ordinari superiori a sette giorni e dei ricoveri in day hospital, il 58% e il 42% rispettivamente riguarda studenti tra i 14 e i 19 anni, che possono accedere al servizio solo nella misura del 5%.
Percentuale nettamente inferiore rispetto a quella degli studenti tra i 6 e i 10 anni, che risulta del 62,8%. Oltre al censimento esatto delle sezioni, degli insegnanti in servizio, delle esperienze e dei modelli organizzativi, la ricerca ha permesso la costituzione di una rete tra scuole, direzioni sanitarie, Usr e università, e la costruzione di un percorso di formazione, ispirato al Blended Learning, E-tivities, Coaching Model (Blec) del Cremit. Quest’ultimo prevede l’integrazione di moderne tecnologie all’interno delle varie sezioni con il potenziamento della strumentazione: nuovi computer portatili corredati da webcam, casse e microfono per facilitare la comunicazione degli studenti ricoverati con la propria classe di appartenenza e tablet per la partecipazione attiva dei docenti alla community e per sperimentare una didattica innovativa. La ricerca ha infatti rilevato che internet è utilizzato dal 42% dei docenti e quasi quotidianamente dal 15% (poco più di un insegnante su due utilizza la rete) mentre un significativo 32% di docenti non utilizza mai la rete. Per quanto riguarda software e applicativi 1.0 e 2.0 gli strumenti più utilizzati nella didattica sono i programmi di videoscrittura, di presentazione e la posta elettronica. Piattaforme, social network, blog sono utilizzati soprattutto nella didattica diretta (21%), per la pianificazione di attività (20%) e a supporto della documentazione (18%). Rispetto ad altri dispositivi mobili, il 15% utilizza il telefono per la comunicazione con alunni, familiari, scuole e solo 6 docenti lo utilizzano per usi didattici.
Oltre ai dirigenti delle strutture coinvolte e i vari referenti regionali del progetto Scuola in Ospedale, sono intervenuti, tra gli altri, Piercesare Rivoltella e Simona Ferrari del Cremit e, nel dibattito di fine mattinata, Giuseppe Genduso, direttore sanitario dell’ospedale Niguarda Ca’ Granda, e Pasquale Pellino della Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia, che hanno illustrato le realtà di loro competenza.