Continua il dibattito aperto dall’articolo dal titolo “Arrivano i robot”, dedicato a come l’intelligenza artificiale sta cambiando noi e il nostro modo di vivere e di pensare

di Michela Balconi *

Regolare lo stress al volante? Risparmiare le proprie energie mentali mantenendo una concentrazione elevata anche in mezzo al traffico? Sostenere livelli ottimali di attenzione nei trasporti a lunga percorrenza? Un recente studio condotto dal team dell’Unità di Ricerca in Neuroscienze Sociali e delle Emozioni - Dipartimento di Psicologia diretta da Michela Balconi ha tentato di rispondere a tali domande, esplorando il potenziale di device neurofisiologici innovativi indossabili per il potenziamento dell’attenzione e per la prevenzione delle distrazioni alla guida.

Il progetto Drivefit – svolto con la collaborazione della società Cattolica Assicurazioni, partner di progetto assieme all’Università Cattolica – ha coinvolto un campione di guidatori del nord Italia con l’obiettivo di verificare come sia possibile modulare lo stress al volante con il supporto di tecniche neuroscientifiche.

In particolare, i guidatori hanno seguito un percorso di training mentale basato su tecniche derivanti dall’approccio mindfulness con il supporto di un neurofeedback indossabile: un paio di occhiali tecnologici (sviluppati dall’azienda padovana Safilo) che consentono di rilevare in modo del tutto non invasivo l’attività elettrica cerebrale della persona che li indossa e di fornirle così un feedback in tempo reale sul suo grado di concentrazione o stress.

I drivers hanno così svolto pratiche giornaliere di training per un totale di tre settimane e le loro abilità cognitive e di regolazione dello stress sono state monitorate prima e dopo il percorso di allenamento e confrontate con quelle di un gruppo di controllo non sottoposto al training per valutare in modo rigoroso gli effetti dell’intervento con neurofeedback. Assieme alle misure comportamentali e neurofisiologiche i drivers venivano monitorati anche rispetto ai comportamenti di guida, attraverso dei sistemi di controllo (driving box) istallati sulle automobili per monitorare tutti i comportamenti durante le performance di guida.

Nello specifico, le loro abilità di gestione delle risposte da stress, la capacità di orientare l’attenzione e resistere alle distrazioni, la tendenza a inibire reazioni impulsive e a contenere gli errori alla guida e lo stato generale di benessere sono stati monitorati e valutati incrociando diverse misure comportamentali, cognitive e neuroscientifiche – come, ad esempio, i livelli di ansia e la frequenza di comportamenti rischiosi alla guida, i livelli di attivazione fisiologica rispecchiati dalle alterazioni del battito cardiaco, le performance a test neuropsicologici in grado di misurare la bontà della regolazione dell’attenzione e le relative attivazioni elettriche cerebrali (EEG).

I risultati sono molto promettenti: dopo aver completato il percorso di training con il supporto del device neurofeedback indossabile, i drivers hanno mostrato un miglioramento della capacità di gestire l’attenzione e di controllare le interferenze dell’ambiente e una riduzione dei comportamenti aggressivi alla guida. A questo interessante scenario si aggiunge anche una percezione della “qualità della vita” al volante decisamente migliorata. Infatti i drivers riportano di avere migliorato la propria percezione dell’esperienza di guida, sostenuta da minori livelli di stress e fatica mentale e ridotte reazioni impulsive durante la guida.

Questo progetto fa parte di una linea di ricerca più ampia che coinvolge l’Unità di Ricerca in Neuroscienze Sociali e delle Emozioni, la quale ha avviato l’applicazione del percorso di training seguendo diversi rilevanti filoni: il benessere e il potenziamento nell’ambito aziendale e organizzativo, le sfide dell’healthy aging e l’ottimizzazione delle performance in contesti sportivi.

L’applicazione del protocollo sperimentale ha, infatti, mostrato risultati davvero promettenti nel favorire la riduzione dello stress e il miglioramento delle performance lavorative anche in ambiti aziendali. La sperimentazione, che ha coinvolto un gruppo di manager quotidianamente esposti a stressor lavorativi, ha evidenziato un miglioramento sistematico della capacità di gestire la risposta da stress con effetto anche su indicatori fisiologici oggettivi, una riduzione dei livelli di aggressività e affaticamento mentale, e un miglioramento delle prestazioni cognitive e attentive.

Analogamente il device neurofisiologico si è mostrato efficace per migliorare le capacità di regolazione dello stress e dell’umore nella popolazione anziana, come evidenziato da un’ulteriore applicazione del protocollo di training al filone dell’healthy aging, nell’ambito della promozione di un invecchiamento sano e attivo.

Infine, sono stati ottenuti risultati interessanti anche in ambito sportivo, nel quale è stato mostrato il potenziale del protocollo di training e del device neurofeedback per l’ottimizzazione della reattività e della capacità di orientare le risorse attentive in un gruppo di sportivi anche a seguito di training intensivi molto brevi.


Nono articolo di una serie dedicata a come l’intelligenza artificiale ci sta cambiando