Restituire la fiducia a chi ha un vissuto traumatico alle spalle e offrire nuove possibilità di inserimento sociale e lavorativo in un paese straniero. Questi gli obiettivi primari del progetto "Punto a capo" per i rifugiati politici, promosso dal Master in "Relazioni di aiuto in contesti di vulnerabilità e povertà nazionali e internazionali" e dalla facoltà di Scienze della Formazione dell'Università Cattolica, in collaborazione con l'Associazione Francesco Realmonte Onlus. Un problema sempre vivo, quello dei rifugiati politici in Italia, che si è allargato a macchia d'olio con gli sbarchi di immigrati a Lampedusa. Le regioni italiane possono farsi carico dei rifugiati politici con un sovvenzionamento statale utile per fornire vitto e alloggio. A Milano la Caritas offre questo servizio mettendo a disposizione le sue strutture ed è il tramite dell'Università Cattolica per mettersi in contatto con i profughi in attesa di asilo politico o protezione umanitaria e con i rifugiati.
Il progetto "Punto a capo" rappresenta oggi per circa 30 di loro l'opportunità di avere uno spazio concreto, dato in comodato d'uso dal Comune di Milano alla Cattolica grazie a una convenzione finalizzata a sostenere i giovani, dove tenersi occupati, ritrovarsi, imparare l'italiano, familiarizzare con la cultura del paese, essere informati su diritti e doveri e avvicinarsi al mondo del lavoro, sperimentandosi su corsi sulla sicurezza sul lavoro e laboratori di artigianato. E' un luogo dove tirocinanti del master diretto dalla professoressa Cristina Castelli e volontari della facoltà di Scienze della formazione svolgono attività diurne insieme ai rifugiati facendo con loro laboratori, corsi di rafforzamento della lingua, attività di orientamento psico-sociale e sostegno nella ricerca di un lavoro. Con il passare del tempo grazie alla costante presenza dei collaboratori e alle attività svolte, le persone si confidano, trovano lo spazio e il tempo propizi per raccontare le loro storie dolorose e in questo modo ricominciano a pianificare un futuro, accettando le sfide che dovranno affrontare, in modo più consapevole. Tra i vari strumenti proposti nel centro, si sta sperimentando il "memory work" , un percorso narrativo che favorisca le persone vulnerabili nella sperimentazione e condivisione di esperienze, vissuti e ricordi.
Il progetto è partito nel novembre del 2012 e i primi risultati si sono già visti. Grazie ai guadagni ottenuti con la realizzazione di alcuni costumi di carnevale, un rifugiato afghano ha potuto raggiungere la sua famiglia che ora risiede in Iran. Un altro ha trovato lavoro presso un albergo di Milano e quando finisce il turno torna nel locali di "Punto a capo" per partecipare al laboratorio di sartoria. La maggior parte degli uomini proviene da Afghanistan, Ghana, Somalia, Pakistan, Eritrea e svolgeva nel proprio paese d'origine professioni legate all'edilizia, come muratore, elettricista, idraulico, oppure chef , meccanico o operaio in azienda.
L'ultima attività avviata da "Punto a capo" riguarda la proposta rivolta alle mamme rifugiate del centro polifunzionale di via Sammartini a cui viene offerta la possibilità di seguire laboratori di cucito e corsi di rafforzamento della lingua italiana, che abbiano come finalità l'integrazione tra le mamme e nel contesto di accoglienza. Si sta vagliando la possibilità di aprire laboratori di artigianato artistico con il contributo della Fondazione Cologni per le arti e i mestieri in modo che anche le donne possano continuare il percorso di integrazione e avviare un'attività che un giorno potrà forse diventare una fonte di reddito.