Quanto vale l’intrattenimento televisivo, in termini economici e occupazionali? Perché l’Italia fatica ancora a competere con gli altri Paesi nella creatività in questo specifico settore, importando la maggior parte dei format dall’estero, invece di creare programmi destinati all’esportazione (come invece fanno i “leader globali”, come Gran Bretagna e Stati Uniti, ma anche paesi più piccoli come Olanda e Israele)? Quali politiche pubbliche possono incentivare la crescita del settore, in particolare del comparto della produzione indipendente, che in Gran Bretagna vale 1,5 miliardi di euro

Queste sono alcune delle domande a cui risponde la ricerca "Il valore della produzione. L’intrattenimento come risorsa economica e culturale", condotta dal Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi (Certa) dell’Università Cattolica per conto dell’Associazione produttori televisivi (Apt), che è stata presentata lunedì 20 giugno al Pavillon Unicredit di Milano.

Nel 2015, in Italia, sono stati realizzati 290 programmi di intrattenimento, per un totale di 13.850 ore di programmazione, con una particolare concentrazione sulla fascia pregiata del prime time

La produzione indipendente pesa ancora però troppo poco, soprattutto se valutata in termini di ore di prodotto originale: solo 4.344 ore di intrattenimento (il 31% del totale) sono realizzate da produttori indipendenti (contro un 69% di produzione interna). I contenuti realizzati da società esterne sono maggiori per varietà e ricchezza di titoli, ma meno estesi sul palinsesto (per numero di ore).

Per quanto riguarda i generi dell’intrattenimento, emergono sugli altri il factual e l’infotainment (che complessivamente coprono il 54% dell’offerta complessiva). I due generi costituiscono anche l’esempio di due strategie tra loro opposte: per il factual, la cui realizzazione si appoggia più frequentemente sulla produzione indipendente, si registra un’ampia varietà e numero dei titoli in circolazione; mentre l’infotainment punta decisamente su prodotti più consolidati (con numerose stagioni alle spalle) e, in definitiva, di maggiore durata in termini di ore di programmazione complessive.

La produzione indipendente si concentra soprattutto su tre generi principali, abitualmente collocati in fasce prominenti del palinsesto come il preserale, l’access e il prime time. Si tratta dei game, dei reality e dei talent. Insieme al factual, sono questi i generi che costituiscono l’expertise più importante delle case di produzione indipendenti, quasi interamente creati e sviluppati da società esterne, a volte in coproduzione con i broadcaster (questo vale per la totalità dei reality e dei talent e per il 96% delle ore di messa in onda dei game). 

Circa un quarto dei programmi di intrattenimento, e un quinto delle ore di programmazione dedicate al genere, è costituito da format, in gran parte di provenienza internazionale: solo il 5% dei titoli e delle ore in onda nel 2015, infatti, è di format originali italiani. Una presenza ancora decisamente limitata: l’Italia importa molti programmi e ne esporta pochissimi. 

Un modello che si riflette sulle potenzialità occupazionali del settore: è un sistema che rischia di generare precarietà, e soltanto la crescita del comparto potrà garantire una maggiore stabilizzazione dei modelli di impiego.

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