di Roberto Cicala*
"Voglio scrivere e basta" ha dichiarato più volte Elena Ferrante, letta anche da Hillary Clinton e da milioni di lettori spesso divenuti fan. Quindi il fake su Facebook della scrittrice che si vuole celare dietro uno pseudonimo è ancor più paradigmatico di come i fenomeni spesso partono per la tangente, dimostrando la corsa all'apparire rispetto all'essere. L'editoria naturalmente è anche marketing e copertine ma ora è la socialmania e la relativa egolatria che hanno il sopravvento anche sul senso della letteratura, quindi la scrittura come atto personale, estetico ed etico insieme.
Non so quanto sia giusto sapere a tutti i costi chi sia la Ferrante, come ha fatto il Sole con un intrigante scoop culturale, ma certo la scrittrice ha diritto di decidere per sé. Se andasse dietro soltanto ai desideri dei lettori, rivelandosi e partecipando ai talk show, forse ridimensionerebbe la sua fama e probabilmente non sarebbe divenuta il mito attuale. Per questo ha più senso mantenere lo pseudonimato. Ciò che vale e piace devono essere i libri e tutto il resto è vanità, che non sempre aiuta il marketing. Nel caso della Ferrante il non apparire ha avuto più successo dell’apparire anche se ai social non piace. Forse si può immaginare che cosa l'autrice pensi di tutta questa polemica, con il titolo della raccolta delle sue lettere e carte editoriali: "frantumaglia".
* docente di Editoria libraria e multimediale e editore