di Aldo Carera *
Una figura che merita di uscire dall’ostentata indifferenza da cui emerge sporadicamente in occasione di qualche particolare ricorrenza biografica. Giuseppe Toniolo, il professore pisano di economia proclamato beato da Benedetto XVI il 29 aprile 2012, si è sempre distinto per la sua fervida attività intellettuale tradotta in un impegno attivo e diretto non solo nel movimento cattolico italiano, ma anche in quello internazionale di fine Ottocento e inizio Novecento. Un’attitudine che lo ha portato a interpretare e leggere in maniera nuova la società della sua epoca, come cercherà di dimostrare il convegno a lui dedicato nel centenario dalla morte (qui a lato il programma).
Dai suoi studi sul Medio Evo egli aveva tratto la convinzione che solo la rigenerazione degli stretti legami tra economia ed etica consente di contrastare dalle fondamenta una società individualista, in cui i comportamenti, individuali e collettivi, seguono le logiche dell’utile fine a se stesso, della concorrenza, del mero successo materiale.
In uno scenario fondato su una prospettiva religiosa, l’uomo si pone al centro della vita economica e ogni azione umana è riconducibile a una legge morale in grado di indicare una nuova sintesi tra efficienza e giustizia, tra produttività e carità. Così da non essere travolti dalla costante evoluzione delle tecnologie e dalla crescente fragilità degli assetti economici e sociali.
Di fronte all’avanzare del capitalismo e al riemergere di nuove forme di paganesimo materialista, il pensiero e la vita di Toniolo ci pongono di fronte alla necessità di operare per costruire una società più giusta e per realizzare un ordine civile fondato sull’apporto di tutte le forze sociali, economiche e politico-istituzionali. Ai suoi contemporanei Toniolo chiedeva di confrontarsi con il principio cristiano che afferma il bene come fine ultimo della vita dell’uomo nell’intera gamma delle sue espressioni e delle sue attività, soprattutto nelle relazioni economiche e sociali.
Un richiamo, il suo, a leggere in modo nuovo i problemi della nostra società in termini di comuni responsabilità nei confronti di un bene comune affidato a tutti, in particolare alle giovani generazioni perché da loro dipende la possibilità di agire per conseguire i cambiamenti profondi, possibili solo nel lungo periodo, così come voleva il professore pisano.
Per Toniolo la possibile rigenerazione del sistema capitalista si fonda anche sul decisivo contributo del solidarismo a contrasto degli schemi economici fondati sulla scarsità, sul declino, e per indirizzare e rafforzare la risposta al bisogno espresso da coloro che il mercato mette ai margini.
In questa prospettiva il fattore lavoro, la dignità dei lavoratori e la loro crescita culturale e professionale hanno un ruolo centrale, in quanto esercizio di libertà e di responsabilità in sistemi produttivi sempre più complessi, in cui ciascuno deve fare la sua parte affinché i mezzi non prescindano dai fini.
Per rigenerare i processi di sviluppo capitalistico Toniolo confidava sulla naturale socialità dell’essere umano e sulle libere associazioni all’interno di un ordinamento civile e democratico che affianca alle responsabilità propriamente politiche l’apporto autonomo di tutte le forze sociali, economiche e istituzionali. Allo Stato affidava un ruolo «suppletivo» (sussidiario) come garante della sicurezza e dei diritti, prima tra tutte la pace e la pacifica convivenza nel paese e nel quadro delle relazioni internazionali.
Tutto e tutti, per Toniolo, dovevano contribuire a dare il proprio proporzionale apporto al bene comune nel nome della giustizia e della fratellanza sociale, così come propugnate dalla dottrina sociale della Chiesa.
* docente di Storia economica alla facoltà di Economia, direttore dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia «Mario Romani»