di Andrea Danneo, Antonio Di Francesco, Marianna Di Piazza
«Non si può capire l’Islam senza conoscere la musica, il cinema, la poesia arabi». È uno dei motivi che ha spinto Wael Farouq (al centro nella foto, nel corso della prima edizione) a lanciare, già lo scorso anno, la Festa della lingua araba nella sede di largo Gemelli dell’Università Cattolica. La seconda edizione, organizzata in collaborazionen con il Selda, è in programma il 4 e 5 marzo (a lato il programma).
Al professor Farouq, docente di lingua e letteratura araba, abbiamo chiesto come e perché nasce la Festa della lingua araba. «Nella cultura araba ci sono tanti aspetti che aiutano a creare uno spazio di conoscenza e incontro tra le culture» spiega. «La cultura viene molto spesso dimenticata, così abbiamo pensato alla “Festa della lingua araba” per dare visibilità all’Islam e al popolo che abbraccia questa religione. L’iniziativa nasce anche per rispondere all’interesse sempre crescente per questa lingua sviluppato dagli studenti dell’Università Cattolica».
Quanto è importante il confronto culturale? «Non si può immaginare la nostra storia senza il confronto con altri Paesi e culture. Viviamo nell’epoca dell’informazione, ma manca la conoscenza. Solo con l’incontro si può ricordare la propria storia. È fondamentale approfondire la conoscenza dell’altro per non dimenticare le radici. Il rischio però è di ridurre la cultura araba ai principi religiosi: non si può capire l’Islam senza conoscere la musica, il cinema, la poesia arabe».
Lo spettro del fondamentalismo può impedire una pacifica integrazione? «Se analizziamo i recenti attacchi terroristici, ci rendiamo conto di come gli estremisti puntano a colpire i luoghi di arte e bellezza. A Parigi, ad esempio, gli uomini di Isis hanno preso di mira un teatro, un ristorante, lo stadio. Luoghi in cui le persone sono unite da un univoco desiderio di bellezza ed evasione e dove non c’è spazio per le differenze culturali e religiose. In Medio Oriente, hanno distrutto centri come Hatra e Palmira, culle della cultura pre-islamica e luoghi di fascino senza tempo.
Come opporsi a questa barbarie? «Il più grande nemico del terrorismo è la bellezza. Sulla loro rivista Dabiq, hanno lanciato la sfida a quella che definiscono “la zona grigia”, in cui non c’è una distinzione tra fedeli e infedeli. Hanno ben chiara la fisionomia del loro nemico. Ma in maniera altrettanto chiara possiamo sfruttare la bellezza per opporci alla loro follia estremista, perché in quella zona grigia si ritrovano indistintamente cristiani, musulmani, arabi e occidentali, uniti dall’interesse di incontrarsi, conoscersi e capirsi. Ciò finisce per indebolire il terrorismo: solo la dimensione umana della cultura può creare comprensione amicizia. “La bellezza salverà il mondo”, diceva Dostoevskij».
Che accoglienza ha la lingua araba in Italia? «Molti studenti si approcciano allo studio della lingua araba non solo come espressione culturale, ma anche come strumento di economia, espressione di un impatto geopolitico enorme. Sempre più italiani entrano in contatto con la realtà araba: si pensi a quanti sono partiti per lavorare nel Golfo, o alle numerose aziende con cui l’Italia ha dei contatti. Indubbiamente la lingua araba ha un ruolo importante, il suo prestigio è destinato a crescere in futuro fino a eguagliare l’idioma cinese o russo. In tempi recenti l’arabo è stato riconosciuto come parte integrante dello sviluppo dell’identità culturale italiana: si pensi agli studi astronomici e algebrici».
Cosa ci si aspetta dalla Festa? «Questo evento serve a mostrare che un importante contatto tra la cultura araba e quella italiana già esiste e bisogna conferirgli nuova continuità. Ci saranno importanti professori di lingua e letteratura araba, che insegnano in tutto il mondo, in Paesi come Iraq, Tunisia, Egitto e Stati Uniti. Ma non vogliamo fare un incontro solo accademico. Per questo nel programma abbiamo previsto anche un momento per far conoscere la nostra musica, il teatro e il cinema. Si parlerà anche della riforma religiosa e della modernità del mondo arabo».