“L’Università, non importa se cattolica o no, è il luogo di circolazione delle idee, del dialogo e del confronto tra punti di vista differenti. Per questo motivo parlare della drammatica vicenda di Asia Bibi in un’aula universitaria ci aiuta a guardare alla questione della discriminazione religiosa dalla giusta prospettiva, che non è quella della contrapposizione tra due mondi (occidentale e islamico) o tra due religioni (cattolica e musulmana), ma quello del rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali”.
Introduce con queste parole il professor Antonio Albanese, coordinatore del corso di laurea in Giurisprudenza della Cattolica di Piacenza, l’incontro “Diritti umani e discriminazione religiosa” del ciclo A tutto Campus, organizzato dalle Relazioni Esterne e comunicazione e promosso dal prof. Filippo Rossi della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali e che ha visto l’intervento di Mushtaq Gill, uno degli avvocati di Asia Bibi, la donna pakistana divenuta simbolo della lotta per la libertà religiosa.
Asia Bibi è una contadina di 48 anni. Ha cinque figli. E’ di fede cristiana. E’ stata accusata di blasfemia nel 2009, reato per cui in Pakistan è prevista la pena capitale. L’Alta Corte di Lahore ha respinto lo scorso ottobre il ricorso contro la sentenza di morte pronunciata nel novembre del 2010. Una sentenza appena confermata in secondo grado.
Sollecitato dalle domande da Claudia Mazzucato e Anna Gianfreda, docenti di Diritto penale e Diritto ecclesiastico nel corso di laurea in Giurisprudenza, la testimonianza del difensore Mushtaq Gill, è diventata un’occasione per riflettere sull’intolleranza, sulla violazione dei diritti umani, sulla violenza e sulla pena di morte, “temi che interpellano ciascuno di noi - come ben ricorda Mazzucato - e interrogano profondamente il mondo di oggi in cui la convivenza e il rispetto reciproci paiono faticosi, eppure sono quanto mai necessari”.
Gill parla del Pakistan come fortezza dell’Islam, dove i cristiani rappresentano solo l’1,5% della popolazione “Il Pakistan è una delle nazioni islamiche più aggressive ed estremiste: basti pensare che nel Paese Youtube è stato bloccato per impedire la diffusione di filmati ‘sconvenienti’. Asia Bibi è stata la prima donna ad essere condannata a morte per blasfemia: dopo 5 anni di carcere, in isolamento, lei è a pezzi, stremata”.
C’è bisogno di supporto internazionale perché il governo pakistano elimini la legge sulla blasfemia, legge che è diventata un’arma per perseguitare le minoranze, soprattutto cristiani”. Mushtaq Gill rischia la sua vita per questa causa: “ho subito attentati per mano degli estremisti. Sono pakistano, rispetto la costituzione del mio paese, paese in cui tutti cittadini hanno gli stessi diritti, mussulmani e non. E, come cittadini abbiamo il diritto di chiedere che a nessun cittadino pakistano venga sottratto il diritto alla circolazione, alla parola, all’espressione del pensiero, all’espressione religiosa e alla vita, diritti fondamentali, anche in Pakistan. Ma ci sono alcune leggi che rischiano di impedirne la piena espressione. Tra queste la legge sulla blasfemia".