di Paola Bignardi *
L’università di cui la Chiesa italiana celebra il 4 maggio la Giornata non è qualsiasi università, né qualsiasi università cattolica, ma l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il suo radicamento ecclesiale è tipico e costituisce un elemento importante dell’identità di questo ateneo, di cui la comunità cristiana sente di doversi occupare: è il rapporto con le Chiese diocesane, cioè della Chiesa nel suo radicamento territoriale, locale, storico.
Si tratta di un punto di vista originale e qualificante, questo, per comprendere l’identità del nostro ateneo. Essa è, come ogni altra università cattolica, il luogo dell’elaborazione di una cultura cristianamente ispirata; è luogo in cui si educa avendo il senso della persona e dell’attenzione alla crescita di ciascuno. Ma è anche il luogo dove si vive quel concreto e singolare legame con le Chiese particolari, che fin dalle origini furono protagoniste del suo sorgere. Legame dunque con una Chiesa di popolo, qual è quella che si esprime sul territorio e che mostra come possa essere fecondo e non alternativo il rapporto tra cultura alta e cultura diffusa; relazione con le diverse soggettività che la animano e la fanno vivere; legame che dice come essa sia chiamata a essere l’università di tutti i cattolici italiani, che come si riconoscono nella Chiesa di tutti così possono riconoscersi in un’università che ne rispecchia il carattere aperto, plurale, culturalmente dialogico.
Viene spontaneo chiedersi perché una realtà ecclesiale di popolo abbia avvertito l’esigenza di contribuire al formarsi di un’università cattolica. Per il vivo senso di responsabilità verso la vita della società e per la consapevolezza che una cultura da cristiani poteva costituire un contributo importante a un modello di sviluppo fondato su una visione integrale dell’uomo. Era un cattolicesimo che, ben prima del Concilio, aveva intuito il valore dell’essere laici cristiani e lo manifestava così, facendo la propria parte con semplicità e determinazione. Rivelava un cattolicesimo ecclesiale ma non ecclesiastico, sensibile alla vita della società, capace di iniziativa, aperto alla novità.
Un popolo perlopiù ancora analfabeta (ma capace di futuro!) intuiva che la cultura era il passaggio necessario per il proprio riscatto: la conoscenza, l’esercizio del pensiero, la competenza… e lo proiettava nei propri figli, nel proprio futuro. Il valore del loro impegno stava proprio nel fatto che forse mai avrebbero frequentato l’università, e tuttavia l’avevano a cuore perché avevano capito che la cultura è necessaria perché un popolo possa vivere a quel livello di dignità che la fede e la formazione cristiana aveva loro fatto intravedere.
Questo cattolicesimo intuiva che anche la Chiesa aveva bisogno della cultura e dei suoi strumenti per affrontare il proprio tempo, che non era, 90 anni fa, né più facile né più roseo di quello di oggi. Avere una propria università era un modo per attrezzare la Chiesa in ordine al suo compito missionario, che allora si esprimeva con il termine di apostolato.
La fedeltà creativa alle proprie radici ha fatto sì che nel tempo si affinasse l’identità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; identità che è prezioso approfondire e vivere perché possa continuare a portare frutto per i tanti giovani che ne hanno fatto il riferimento per la loro formazione.
Le comunità cristiane possono dare molto anche oggi all’Università Cattolica, a cominciare dal riconoscimento del valore della cultura per la formazione delle nuove generazioni: capire il valore che ha, in questo tempo difficile per l’educazione, poter contare su un’Università Cattolica per la formazione culturale, umana, professionale dei giovani. Consapevoli di quanto sia impegnativo oggi ricostruire il legame tra una visione cristiana della vita e il modo comune di pensare, occorre operare per mostrare il valore di un’istituzione universitaria in cui si apprende una cultura cristianamente ispirata, in cui si sperimenta l’intreccio fecondo tra la ragione e la fede, tra la fede e la vita in tutte le sue espressioni. Solo una comunità cristiana consapevole del valore formativo della cultura potrà capire il valore strategico di un’Università Cattolica.
Anche l’Università Cattolica può dare molto alle Chiese particolari, a cominciare da un qualificato contributo per far crescere la sensibilità e gli strumenti culturali delle parrocchie e delle associazioni. Un’Università Cattolica chiusa in se stessa non può certo vivere quel legame fecondo che la fa sentire come un’istituzione necessaria alla comunità per vivere la sua missione. L’Università Cattolica può dare a diocesi e parrocchie strumenti di cultura, perché ogni realtà ecclesiale sia aiutata a leggere il proprio tempo, il proprio territorio e i suoi bisogni e possa dar vita al proprio progetto culturale, per alimentare una lettura credente della vita. Se l’ateneo dei cattolici italiani saprà effettivamente contribuire a rafforzare a livello ecclesiale il senso del valore imprescindibile della cultura, allora penso che le Chiese restituiranno alla Cattolica attenzione, interesse, e quel legame che alla lunga genera fierezza di appartenenza.
* “Con i giovani, protagonisti del futuro. La 90ª Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore”, di Paola Bignardi, membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Toniolo di Studi Superiori, La Rivista del Clero italiano, numero 3/2014