«Esiste un essere umano che non deve misurarsi con la fragilità?». È la domanda con cui monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, ha aperto l’iniziativa promossa lo scorso lo scorso 27 febbraio nell’Aula Brasca del Policlinico Gemelli in occasione della Giornata delle malattie rare. «L’incontro di questo pomeriggio - ha detto monsignor Giuliodori - si basa proprio sul tema della fragilità e sull’accoglienza e della sua accettazione nella nostra vita».
“Uniti per assistere” - Le malattie rare: paradigma della fragilità era il tema dell’incontro a più voci promosso dall’Unità interdipartimentale Centro malattie rare e difetti congeniti del Policlinico Gemelli, che si è inserito nell’ambito di una serie di eventi e appuntamenti programmati in occasione della VII Giornata mondiale promossa da Uniamo Fimr Onlus, Istituto Superiore di Sanità, Centro per la Pastorale sanitaria del Vicariato di Roma, Fondazione Telethon, Ospedale pediatrico Bambino Gesù e Università Cattolica - Policlinico A. Gemelli. La Giornata di quest’anno, che si è celebrata come sempre il 28 febbraio, era dedicata al tema “Insieme per un’assistenza migliore”.
Quest’anno anche il Santo Padre ha voluto dare un segno di massima attenzione alle persone con malattia rara incontrandone una delegazione, un tema che non interpella solo il mondo sanitario, ma l’intera società, perché «i malati e le loro famiglie devono essere adeguatamente sostenuti nel loro non facile percorso» ha detto Francesco in udienza.
«La fragilità - secondo monsignor Giuliodori - è il paradigma della vita di ogni persona, è una dimensione del vivere umano che tocca tutti quanti. Bisogna dunque accettare che la fragilità attraversi la nostra vita. La fragilità può anche essere valorizzata e attraverso di essa possono emergere in ognuno di noi energie e risorse preziose».
E proprio sul tema delle opportunità nascoste nel dolore si è basato l’intervento di Matteo della Monica (a sinistra nella foto), responsabile della Struttura semplice di Genetica clinica dell’Ospedale Rummo di Benevento, e di Giuseppe Zampino (al centro nella foto, accanto a monsignor Giuliodori), responsabile dell’Unità operativa interdipartimentale Centro malattie rare e difetti congeniti del Policlinico Gemelli. Attraverso una carrellata di immagini di opere famose e celebri brani musicali, hanno infatti raccontato la storia di alcuni personaggi e artisti noti, che hanno fatto della loro condizione di fragilità un’opportunità: Vincent Van Gogh e Virginia Woolf soffrivano di una forma di disturbo bipolare ma quel leggero tocco di maniacalità è stato un ingrediente magico per lo sviluppo della loro creatività; Giacomo Leopardi era stato colpito da una malattia infettiva alla colonna vertebrale, il morbo di Pott; Ludwig van Beethoven era affetto da sordità; Magdalena Carmen Frida era affetta sin dalla nascita da spina bifida.
L’analisi della fragilità è la chiave con cui nel corso dell’incontro al Gemelli l’eccellenza della clinica ha affrontato il tema delle malattie rare. Fragilità “mentale”, poiché molte condizioni rare, specie se congenite, si associano a ritardo psicomotorio o determinano un forte coinvolgimento emozionale. Fragilità “fisica”, poiché molti pazienti portano nel proprio corpo il difetto della loro condizione che spesso li deforma o li rende visibilmente diversi. Fragilità “ambientale”, poiché per alcune condizioni è la difficoltà ad adattarsi all’ambiente che determina disabilità o la stessa malattia.
Ma, ancora, fragilità per avere una condizione “genetica” ovvero con rischio riproduttivo: molte malattie rare possono essere ereditarie e questo genera nel genitore senso di colpa e limita la possibilità di avere altri figli. Fragilità “per essere rari”, ovvero nel non avere punti di confronto che permettano di trovare strategie anche nella vita di tutti i giorni.
«I pazienti rari - ha spiegato il dottor Zampino - nella maggior parte dei casi non presentano una malattia da combattere ma una condizione da accettare e da curare. A volte il compito degli operatori sanitari non è quello di far guarire, ma di prendersi cura e ciò può essere realizzato al meglio integrando sapere scientifico e profonda solidarietà. Per prendersi cura di un bambino o di una persona fragile c’è bisogno non solo di tutte le risorse di un intero ospedale, ma che esse lavorino in modo integrato tra loro e con il territorio. Questo è l’obiettivo che il Policlinico Gemelli sta attuando: essere vicino alla persona con malattia rara».