di Vincenzo Valentini *
Un pellegrinaggio con i docenti dell’Università e le loro famiglie nella prospettiva ‘In cammino sulle vie della Sapienza’: perché no? Da tempo con mia moglie pensavo di visitare la Terra Santa, ma questo invito mi è sembrato irrinunciabile. Essere in quei luoghi insieme ad altri docenti della mia Università poteva essere prezioso per vivere la mia quotidianità con maggiore profondità e consapevolezza. Ho facilmente superato le resistenze legate all’insicurezza di quell’area geopolitica e al caldo, proprio grazie alla particolarità della proposta.
Nel primo trasferimento in autobus ci viene presentato lo zaino del pellegrino in Terra Santa, che è fatto di “Attenzione” ai particolari: parlano di Lui; di “Sobrietà”: aiuta nel discernimento; di “Pazienza”: è Lui che ha cura di te; di “Spirito di comunione”, per vivere la gioia del percorso comune; di “Raccoglimento”, per godere del dono che riceviamo.
Il pellegrinaggio si snoda nella prospettiva della storia della salvezza e come prima tappa ci offre il monte Nebo, da dove Mosè e il popolo di Israele videro per la prima volta la terra promessa. Nello zaino del pellegrino troviamo il primo esercizio da svolgere e che ripeteremo in tutti i luoghi del pellegrinaggio: comporre insieme le diverse tessere di un mosaico che come tutte le opere d’arte possa parlare al cuore del Bello e dell’Eterno. Le tessere saranno sempre della stessa tipologia: la memoria di cosa è accaduto in quel luogo, il suo significato nella prospettiva della storia della Salvezza, la veridicità storica del luogo, le vicissitudini che quel luogo ha subito nei secoli ad opera di uomini che volevano cancellarne o conservarne la memoria storica, il valore e il significato di quanto accaduto per te, la tua famiglia, la tua università, i tuoi studenti e per noi romani anche i nostri pazienti. Le immagini dei singoli mosaici raccolte in quei giorni costituiscono i grani di quel rosario del pellegrino che più costudisco gelosamente.
Ripetute le promesse battesimali sulle rive del Giordano, dove il Battista preparava la venuta del Salvatore, si raggiunge un altro luogo profetico: l’Arsenale della Pace fondato dal Cermis di Torino, un centro di recupero per bambini giordani con disabilità senza distinzione di credo religioso: e ci viene chiesto di estrarre dallo zaino il secondo esercizio: riconoscere come la gioia del donare diventa attraente quando è gratuita e viene da Lui.
Visitiamo il giorno seguente Gerasa, bellissima città romana con molti monumenti preservati in ottimo stato. L’esercizio da eseguire era quello apparentemente più semplice per degli universitari: rappresentarci la cultura dominante nelle città della Decapoli, nelle quali Gesù andò ad annunciare l’Evangelium, e di riflettere sulle complesse relazioni tra annuncio e inculturazione. Per quelle vie antiche nel colloquio fra noi l’integrazione dei saperi ha trovato ulteriore motivazione e condivisioni per sostener il cammino comune sulle vie della Sapienza.
A Nazareth l’esercizio che abbiamo trovato nello zaino prevedeva la ricerca e l’accoglienza della volontà del Padre. La grotta dell’Annunciazione e della Nutrizione, dove per 30 anni Gesù ha vissuto, danno alle righe dello spartito della nostra vita la metrica dell’umiltà e dell’affidamento sulle quali Dio Padre scrive la musica da diffondere. Maria in quel luogo ti avvolge come la sinfonia Madre di tutti noi.
Cafarnao, il lago di Tiberiade, il monte delle Beatitudini, il luogo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, la riva del primato di Pietro, il Tabor, sono le aule di Gesù maestro. Sono i luoghi semplici dove l’appuntamento della chiamata trasforma gli uomini e le donne in discepoli. L’esercizio prevedeva di riveder la cartina della propria vita, per capire dove avviene l’incontro e come si veste un discepolo.
A Betlemme abbiamo ritrovato una grotta. Sembra che Gesù scelga per i momenti più decisivi del suo essere uomo, quali l’Annunciazione, la Nascita, la Resurrezione, dei luoghi posti nella profondità del terreno. La ricerca ineludibile della nostra profondità, dove nascono le nostre adesioni, trova radice nella grotta e nella mangiatoia di Betlemme. Purtroppo a Betlemme abbiamo anche toccato con mano la difficoltà delle relazioni umane che sta conducendo alcuni uomini a innalzare muri. L’incontro con gli studenti dell’Università Cattolica di Betlemme, il camminare nella vivacità della loro appartenenza a un progetto di pace e di giustizia, ha confermato la motivazione del nostro pellegrinaggio come Università.
Eccoci a Gerusalemme. Una città che non entra nello zaino. Non ci sono esercizi a Gerusalemme. È l’inizio, la patria, il destino. È lei che ti attraversa, non sei tu a camminare per le sue vie. Il tempo, il reale, l’unità, il tutto si danno appuntamento a Gerusalemme.
La celebrazione a Emmaus ci offre l’ultimo esercizio prima del rientro: riconoscere nell’Eucarestia, nella Parola, nella Sua Chiesa il superamento dell’incomprensione di cosa accade nella nostra storia e prendere consapevolezza della Sua vicinanza e della Sua tenerezza; esperimentare così la Sua Sapienza. Nella prospettiva di Emmaus i luoghi che affollavano i ricordi dei giorni del pellegrinaggio si sfumavano nei luoghi dove saremmo tornati di lì a poco, mentre emergeva la convinzione che tanta semplice profondità potesse essere ancora vissuta e condivisa nella Salvezza presente nei luoghi del nostro oggi.
* docente di Radioterapia alla facoltà di Medicina e Chirurgia della sede di Roma (nella foto con la moglie a Gerusalemme)