di Nicole Mora *
Sembrava una meta irraggiungibile, forse perché l’Australia mi ha sempre affascinato: così lontana, così esotica, con canguri, koala, surfisti. Insomma, un sogno. Ma quando ho saputo di essere stata selezionata per il Premier Scholars Program (Psp), mi si è spalancata la possibilità di partire per la terra Down Under, frequentare la prestigiosa University of Western Australia (Uwa) e vivere in uno vero college.
Destinazione Perth: una città isolata nell’estrema Australia occidentale, caratterizzata da un ambiente incontaminato, bassissimi livelli di inquinamento, palme e alberi esotici in ogni angolo, in riva allo Swan River, a Kings Park oppure nell’immenso campus universitario, in cui, tra un edificio e l’altro, non mancano grandi spazi verdi dove è possibile rilassarsi prima o dopo le lezioni. Perth non è la tipica località dove koala o canguri si vedono facilmente se non in zoo o parchi specifici. Tuttavia, incontri con animali di ogni tipo non mancano, inclusi i pavoni che camminano tranquillamente tra gli studenti nel campus dell’Uwa.
Il sistema universitario è di tipo anglosassone, basato su una valutazione continua. Destreggiarsi tra lectures e tutorials da frequentare, presentazioni da preparare, essays da scrivere, letture settimanali, test online e, per non farci mancare nulla, esame finale… beh, ogni tanto fa venire il mal di testa. Così come può risultare frustrante il fatto che nella valutazione i professori non tengano conto del nostro essere stranieri e delle difficoltà che potremmo incontrare non essendo madrelingua. Tuttavia, insegnanti e tutor si sono dimostrati molto gentili e disponibili nei nostri confronti. Con un po’ di impegno, si possono raggiungere buoni risultati, che ti ripagano degli sforzi fatti durante il semestre.
Per cinque mesi ho vissuto on campus nel prestigioso St. George’s College: visto dall’esterno, è paragonabile a un vecchio castello che ricorda molto l’harrypottiano Hogwarts, in modo particolare quando gli studenti sono chiamati a indossare la tipica toga nera. Finalmente ho capito che cosa sia veramente quella college life che per gli australiani rappresenta un’esperienza da non mancare. Vivere al St. George’s significa condurre una vita di comunità, avere numerose opportunità, conoscere persone provenienti dai contesti più disparati, essere sempre circondati da gente. Significa divertimento assicurato e mancanza di noia. Al college c’è sempre qualcosa da fare, qualche evento a cui partecipare: da feste a tema a eventi più culturali, quali fireside chat o formal dinner, in occasione delle quali si ha la possibilità di assistere a interessanti presentazioni di esperti in varie discipline.
Ma il mio Psp è stato anche occasione per viaggiare, conoscere un mondo affascinante e una cultura molto diversa. Ho camminato tra canguri saltellanti, visto un delfino nuotare nel fiume a pochi passi da me e accarezzato koala, quokka e wombat. Ho guidato sulla sinistra e ho dovuto fermarmi per far attraversare la strada a canguri selvaggi. Ho visto paesaggi mozzafiato e tramonti stupendi sull’oceano o, letteralmente, in mezzo al nulla. Ho fatto surf, assistito a una partita di football australiano, mangiato la carne di canguro e visto un’incredibile roccia a forma di onda (la Wave Rock). E, tra le altre cose, ho migliorato il mio inglese, mi sono sentita apprezzata per il coraggio avuto nello studiare in una lingua diversa dalla mia, ho conosciuto persone meravigliose ma anche altre per così dire originali.
Di Perth e dell’Australia mi ha colpito la gente che è molto più easy di noi, gli standard di vita decisamente più elevati. Un posto dove non ci si sente giudicati per come ci si veste o per quello che si fa, dove camminare per la città a piedi scalzi, correre lungo il fiume alle 11 di sera o stare in maniche corte in inverno è cosa normale. All’inizio della mia esperienza la cena alle 6 e i locali che chiudono molto presto mi sorprendevano, l’accento australiano mi metteva in difficoltà e i lunghi viaggi in mezzo al nulla tra paesaggi aridi e desertici, prima di incontrare segni di civiltà, mi lasciavano senza parole. Dopo cinque mesi tutto mi sembra normale. Era la mia seconda esperienza all’estero e anche stavolta, se mi capitasse una nuova occasione, accetterei la sfida senza pensarci due volte.
* 24 anni, di Borgomanero (No), secondo anno della laurea magistrale in Politiche per la cooperazione internazionale allo sviluppo, facoltà di Scienze politiche e sociali, Milano