di Stefano Curreri, Elena Faga, Greta Tedone *
Il primo giorno di lezione al People training development center ci è stato chiesto quale fosse stata la nostra prima impressione dell’India. «Colorata», abbiamo risposto. E forse, anche adesso che siamo tornati, possiamo ancora dire che è l’aggettivo più adatto. L’India è colorata di persone, di emozioni, di profumi e di rumori.
Il lungo viaggio che ci ha portati a Fathimanagar comincia in una nuvolosa serata di metà luglio dall’aeroporto di Malpensa. Dopo undici ore di viaggio atterriamo a Hyderabad, capitale dell’Andhra Pradesh e del neonato Stato Telangana. Il nostro viaggio procede su una macchina che sfreccia su strade affollate di gente, motorini e taxi-apecar, in un groviglio di suoni e di colori. Finalmente arriviamo a destinazione, nel distretto di Warangal, raggiungendo una delle sedi dell’organizzazione che ci ospita. Bala Vikasa è una Ong che opera in tutta la regione promuovendo e implementando progetti di sviluppo locale, specialmente in villaggi rurali, come impianti di purificazione dell’acqua, agricoltura organica e progetti di reinserimento sociale delle vedove, emarginate dalla società indiana in quanto considerate di malo auspicio.
Le prime due settimane partecipiamo a un corso di Community Driven Development, che tra le altre cose ci spiega il modo di operare di Bala Vikasa. Oltre a tematiche più teoriche quali lo sviluppo sostenibile, traiamo insegnamenti fondamentali anche per la nostra vita. Impariamo che la cosa fondamentale per lavorare in questi villaggi, e non solo, è focalizzarsi sui punti di forza della comunità, piuttosto che sulle debolezze. Impariamo che è sempre importante apprezzare l’operato o le caratteristiche dell’altro per migliorare il nostro lavoro. Basta poco per rendere un progetto di sviluppo migliore, e Bala Vikasa l’ha capito. Ha capito che non è sufficiente costruire pozzi o costruire scuole, dare aiuti materiali insomma, ma è fondamentale rendere le persone protagoniste dello sviluppo della loro comunità. Il motto di questa organizzazione è infatti: Helping people to help themselves.
Ciò che ha reso un successo questo corso sono due fattori fondamentali: il suo ambiente multiculturale e le visite sul campo dei progetti. Il corso era infatti rivolto a operatori di Ong provenienti da diversi Paesi. Abbiamo avuto la fortuna di far parte di un gruppo variegato, con partecipanti provenienti da Afghanistan, Bangladesh, India, Malawi, Nepal, Nigeria e Sri Lanka, tutti operatori di Ong. Al senso di inadeguatezza del primo giorno, proveniente dal fatto che eravamo gli unici studenti e quindi gli unici che non avevano esperienza sul campo, si è da subito sostituita la consapevolezza di vivere un’esperienza formativa unica. La fortuna di poter trarre insegnamenti da tutti i nostri compagni e di captare le loro esperienze dirette nel campo è stata impagabile. Così, possiamo dire di aver trovato degli amici che sono stati la nostra famiglia per due settimane e che ancora oggi sentiamo quasi quotidianamente.
Abbiamo poi avuto la possibilità di visitare Gangadevipally, un villaggio dove la partecipazione e il grande senso di unità delle persone hanno fatto sì che diventasse un modello per tutti gli altri villaggi; sistemi di purificazione dell’acqua e il widows program.
La terza settimana, dopo aver tristemente salutato i nostri compagni che partivano, uno dopo l’altro sui tuk tuk che li portavano alla stazione, siamo rimasti soli nella sede della Ong. In quella settimana, abbiamo vissuto le esperienze più formative delle nostre vite. Oltre ad aver trascorso una mattinata a inaugurare pozzi costruiti da Bala Vikasa per evitare alle donne del villaggio di camminare chilometri prima di raggiungere acqua purificata con pesanti otri sulla testa, abbiamo passato un’intera giornata in due differenti scuole in cui vengono implementati progetti di educazione. Vedere i bambini così felici di avere finalmente a disposizione materiali come libri di testo, vederli cosi desiderosi di imparare, cosi curiosi di parlare con noi, visti come degli “alieni” provenienti dall’altra parte del mondo, ci ha fatto capire quanto importanti siano le piccole cose, quanto importante sia l’educazione per un bambino, in qualsiasi parte del mondo egli viva.
Non dimenticheremo le nostre scorribande in tuk tuk, le lezioni dinamiche presso il centro, la nostra amica indiana Lilly che si offriva sempre di contrattare per noi stranieri nei mercati, i sorrisi e gli sguardi curiosi della gente, le mille collane di fiori e la quantità incredibile di braccialetti che ci hanno donato gli abitanti dei villaggi, il lungo viale alberato che porta a Bala Vikasa dove spiavamo partite di cricket le cui regole ci sono state insegnate mille volte (e che forse ancora non abbiamo capito!) e anche lui, il mitico pane chapati, accompagnato da mille pietanze con salse super piccanti. Quelle salse sono state l’unica cosa della nostra esperienza che, nonostante gli sforzi, non siamo stati capaci di apprezzare fino in fondo.
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Stefano Curreri, 23 anni, di Termini Imerese (Pa), Collegio Augustinianum, secondo anno di laurea magistrale in Management per l’impresa, facoltà di Economia, sede di Milano
Elena Faga, 24 anni, di Vische (To), secondo anno di laurea magistrale in Politiche europee e internazionali, facoltà di Scienze politiche e sociali, sede di Milano
Greta Tedone, 25 anni, di Cernusco sul Naviglio (Mi), secondo anno di laurea magistrale in Management per l’impresa, facoltà di Economia, sede di Milano
INDIA
Il bicchiere mezzo pieno
Focalizzarsi sui punti di forza della comunità, piuttosto che sulle debolezze: è la filosofia della Ong indiana Bala Vikasa. Per noi che abbiamo partecipato ai loro corsi per cooperanti, è stata una lezione indimenticabile per lo studio e per la vita