«Stiamo progettando qualcosa d’importante con la Rai in Cina». Il professore Armando Fumagalli è appena tornato da un meeting nel gigante asiatico, la prima edizione del seminario residenziale “Shanghai e Hengdian con il cinema cinese”. L’incontro, diretto dallo stesso Fumagalli, è stato organizzato da Airaldo Piva, general manager in Europa di Hengdian Group e laureato dell’ateneo di largo Gemelli, e dall’Istituto Confucio della Cattolica. I partecipanti - dodici giovani professionisti diplomati nel master di Scrittura e produzione per la fiction e il cinema dell’Università Cattolica - hanno incontrato docenti, dottorandi e studenti della Zhejiang e della Shanghai University. Fumagalli è entusiasta. «È stato sorprendente. Il Paese è in grande trasformazione e si muove velocemente. Tre aspetti mi hanno impressionato oltre alle attese di per sé già alte: il grado di avanzamento universitario, la dicotomia “piccolo-grande” e la convivialità espressa. La visita alla Zhejiang University of Media and Communications di Hangzhou (la seconda scuola nel Paese per importanza), ha dimostrato come un’università relativamente di provincia e molto avanzata negli studi sia avanzatissima nelle dotazioni tecnologiche. E poi, la grandezza e la maestosità dei grattacieli e di ogni infrastruttura hanno superato la nostra immaginazione. Toccare con mano questa realtà diversissima è stata un’esperienza davvero unica. Ci ha colpito molto, inoltre, la simpatia e la voglia di contatti con l’Occidente che è emersa sin da subito da parte di tutti e, soprattutto, da parte dei giovani. Sono stati molto ospitali e con una voglia di aprirsi sconfinata».
Durante il soggiorno avete visitato l’Expo di Shangai? Abbiamo vissuto l’Esposizione nei giorni del passaggio di consegne tra la città cinese e Milano: è stato davvero interessante capire cosa potrebbe essere l’Expo nel capoluogo lombardo. È stata una festa internazionale, una vetrina delle bellezze di tutti i Paesi durata sei mesi e con circa 70 milioni di visitatori da tutto il mondo, anche se soprattutto cinesi. Da qui è facile immaginare quale grande occasione potrebbe essere per Milano l’Expo tra cinque anni.
Com’è la “Chinawood” del Paese? Abbiamo visitato gli studios della Hengdian Group a Sud di Shangai e siamo rimasti davvero colpiti dalla loro grandezza. Hanno ricostruito interi palazzi e castelli che sono imparagonabili con i set ricostruiti ad Hollywood. Agli “Universal” ci sono molti più teatri di posa e le scene ricostruite sono davvero angoli minuscoli mentre gli studi cinesi hanno ricostruito, ad esempio, tutta la Città Proibita con viali di trecento metri. Davvero imparagonabile rispetto alle location californiane: tra l’altro sono visitabili come parco tematico tutto l’anno.
Che caratteriste hanno le produzioni cinematografiche cinesi? C’è molta produzione di fiction interna e soprattutto di fiction storiche, in costume. Il cinema prodotto abbraccia naturalmente diversi generi e non ci sono solo colossal come Hero ma anche film a misura d’uomo, calati nella contemporaneità e che testimoniano il termometro dei cambi culturali e del cambiamento che sta avvenendo nell’immenso Paese asiatico. Uno di questi film è quello di Xue Xiaolue, una giovane e importante regista che insegna nella scuola nazionale di cinema di Pechino ed è protagonista di Ocean Heaven, uno dei film più importanti dell’anno in Cina.
Quale percorso di partnership si annuncia con l’Università Cattolica? La Zhejiang University verrà a Milano il 10 dicembre per formalizzare un accordo di “scambio” di studenti e lo stesso si sta pensando di fare con la Shanghai University. Per gli ex-allievi del master diventati produttori e sceneggiatori per importanti case di produzione, si sono aperti contatti per le loro case di produzione con gli Hengdian studios. Si sta esplorando l’ipotesi di una co-produzione sulla vita di Matteo Ricci, con un interessamento della Rai. Tutto è per ora affrontato in maniera informale e senza nulla di definito ma c’è la volontà di far fruttare questa opportunità. I cinesi non hanno problemi economici e non hanno bisogno di realizzare co-produzioni perché il mercato interno è così grande da assorbire tutti i film prodotti. In sostanza, tutto nasce dall’interesse culturale, dal desiderio di aprirsi a un partner straniero e di collaborare con i Paesi occidentali.