Che tipo di offerta televisiva viene dedicata a bambini e adolescenti nel nostro Paese? Quali tendenze riguardo a produzione e fruizione dei programmi si possono riscontrare negli ultimi cinque anni? Le risposte si trovano sul primo Rapporto di "Focus in Media": osservatorio sulla comunicazione della Fondazione per la Sussidiarietà. La ricerca è stata condotta dall'Osservatorio sulla comunicazione (OssCom) e presentata durante il convegno "Televisione e Infanzia" che si è tenuto in largo Gemelli l'8 maggio.
Secondo i dati emersi dal rapporto curato dal direttore Osscom Piermarco Aroldi e da Nicoletta Vittadini, docente di Teoria e tecnica dei nuovi media, rispetto a un precedente periodo di scarso investimento da parte degli operatori televisivi pubblici e privati, si è assistito a una proliferazione di canali e programmi dedicati ai bambini (target 0-14 anni), per un'offerta abbondante e differenziata. Nel quadro europeo, l'Italia si contraddistingue per il maggior numero di canali dedicati disponibili (22, senza contare i canali+1) con una forte presenza della Rai (due canali, Rai YoYo e Rai Gulp) pari in questo in Europa solo alla BBC. La distribuzione dei canali avviene su Dtt (digitale terrestre), piattaforma free o pay accessibile universalmente e sulla quale operano soprattutto gli operatori nazionali (Rai, Mediaset, Switchover Media ecc.), e su satellite, in cui prevalgono i canali pay e sul quale sono presenti principalmente player transazionali.
Per quanto riguarda, invece, i target, si è rilevato che, a fronte di un forte investimento progettuale su quelli più bassi di età, che beneficiano di canali dedicati, l'offerta school (7-14) appare meno specifica. Così, l'organizzazione dell'offerta deve intercettare più sotto-target e ricalca alcune caratteristiche dei canali generalisti, puntando esplicitamente su titoli e personaggi tratti dai blockbuster transnazionali. Il meccanismo rischia tuttavia di rendere ripetitivi i palinsesti e omogeneizzare l'offerta. «In Italia - spiega Aroldi -, a differenza degli altri Paesi europei, non ci sono obblighi di programmazione dedicata all'infanzia e nessun tipo di agevolazione economica per le emittenti commerciali. Per questo, gli operatori investono poco nella creazione di linee editoriali originali, magari con produzioni dai forti connotati locali, e si tende a trasmettere per lo più i prodotti trasversali dei player transazionali».
Esistono, però, dei tentativi di sperimentazione nella tipologia di programmi, che cercano di coniugare sempre di più educazione, intrattenimento e dimensione narrata: si va dai magazine e show da studio, alle sit-com (in particolare per i tween), ai tutorial formativi e tutti seguono un modello di fondo basato su integrazione, partecipazione e coinvolgimento creativo. Un esempio è Missione cuccioli: «In questo programma, i bambini si divertono e al tempo stesso imparano a prendersi cura del loro cucciolo - racconta Massimo Bruno, direttore Canali tv De Agostini Editore -; essendo, poi, una produzione nazionale, con luoghi e conduttori tutti italiani, è più facile per i bambini identificarsi nelle avventure dei protagonisti». Un maggiore interesse verso una produzione originale e di qualità può essere inoltre una via per ampliare un'offerta che sia realmente dedicata ai bambini e per evitare che aumenti la loro visione di programmi per adulti, totalmente inadatti a quelle fasce d'età per linguaggio e contenuti. «Si rischia, altrimenti - spiega Massimo Bernardini, giornalista e conduttore televisivo di Rai Educational, - di assistere ad una vera e propria "emergenza educativa": in questo ambito, una maggiore attenzione è doverosa, sia da parte dei produttori che da parte delle famiglie».