Grande apertura alla modernità, nonostante il retaggio aristocratico e nobiliare. Ma anche spiccato fiuto per gli affari, emblema di quello spirito imprenditoriale ambrosiano che, a ridosso del XIX e XX secolo, contribuì non poco alla crescita e allo sviluppo del capoluogo lombardo. Furono queste le doti che caratterizzarono i Visconti di Modrone, grazie alle quali la famiglia milanese giocò un ruolo di primo piano nella vita del Paese. Tra di loro si annoverano industriali del tessile, senatori del regno, impresari teatrali, inventori di profumi e registi. Chi non ricorda le opere di Luchino Visconti, tra i padri fondatori del neorealismo. Tutte caratteristiche che sono state approfondite in occasione del convegno di studi storici: I Visconti di Modrone. Economia e società a Milano tra età moderna ed età contemporanea, che si è tenuto lo scorso 8 febbraio nella Cripta dell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Obiettivo della giornata, promossa dall’Associazione culturale Duca Marcello Visconti di Modrone per lo studio della storia dell’industria, con sede presso il dipartimento di Storia dell’economia, della società e di Scienze del territorio «Mario Romani» dell’Università Cattolica, con il patrocinio della Società Storica Lombarda, è stato proprio quello di riportare alla luce la presenza della famiglia nella modernizzazione lombarda, anche in virtù delle piste di ricerca aperte recentemente dagli studiosi che si sono cimentati con le preziose carte custodite nell’Archivio intitolato alla famiglia, depositato dal duca Uberto Visconti di Modrone nella sede milanese dell’Ateneo.
Del resto, che si trattasse di una élite aperta alla modernità lo testimonia il fatto che già nella Milano di primo Ottocento la famiglia, a differenza delle altre, seppe adattarsi ai grandi cambiamenti dovuti al periodo napoleonico. Basti pensare che Carlo fu il primo duca napoleonico, titolo che con grande abilità affrettò a farsi riconoscere dagli Asburgo, in seguito alla caduta dell’astro napoleonico. Un senso di apertura che Uberto, cugino di terzo grado di Carlo e suo unico erede in mancanza di discendenti diretti, incarnò alla perfezione. Il duca Uberto, infatti, partecipò alle cinque giornate di Milano e fu finanziatore generoso della causa patriottica. E come non menzionare l’imprenditorialità di Raimondo che seppe mettere a frutto il consolidato patrimonio familiare con l’acquisizione del Cotonificio di Vaprio d’Adda, che occupava centinaia di persone. Una ditta che allora si distinse anche per le sue opere sociali e la forte attenzione al mondo del lavoro. Fu sua l’idea di costituire un fondo per le medicine agli impiegati poveri, la cassa di erogazione per la distribuzione di sussidi di malattia, i contributi alle famiglie, la costruzione di case operaie.
Ma non va dimenticato che i Visconti di Modrone furono pionieri nell’investire nell’industria culturale meneghina. Basti pensare alla gestione della Scala, alla fondazione della Società dei concerti sinfonici di Milano, all’avvio dell’attività cinematografica e alla presidenza dell’Internazionale Football Club, carica che Giuseppe Visconti di Modrone ricoprì dal 1914 al 1919. Lo stesso Giuseppe che diede vita al marchio Giviemme (le iniziali dei suoi nomi), distinguendosi nel settore della cosmesi per la creazione di essenze e profumi – da Subdola a Contessa azzurra, da Tabacco di Harar al più rinomato Acqua di Selva - per cui i nomi pare si avvalesse della consulenza di Gabriele D’Annunzio.
Eppure rimane ancora molto da scoprire sul ruolo economico, politico e culturale dei Visconti di Modrone nella storia del nostro Paese. Aspetti che potranno essere indagati, anche grazie al patrimonio archivistico, custodito dalla sede milanese dell’Università con decine di migliaia di documenti dei secoli XIII-XX, il cui studio consentirà di costruire un pezzo importante della storia milanese. Carte, che ancora una volta, mettono in luce l’impegno civile di una famiglia che, anziché chiudersi nell’ozio dei palazzi aristocratici, seppe misurarsi con le sfide del tempo.