Non sono solo piattaforme per gestire le relazioni nel tempo libero, ma anche strumenti per lavorare e per trovare lavoro. Lo dicono in modo affidabile i dati della ricerca che la sociologa della facoltà di Economia Ivana Pais ha curato sui siti di social network tra novembre 2012 a febbraio 2013 per conto dell'indagine di Adecco "Digital reputation e social recruiting", giunta alla terza edizione. Più di 13mila candidati e quasi 500 selezionatori hanno compilato un questionario online sull'utilizzo dei social network per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Uno dei risultati più evidenti emersi dalla ricerca di Ivana Pais, curatrice del blog La rete che lavora, è che la crisi del mercato del lavoro trascina anche i social: rispetto al 2012, crolla la quota di candidati che dichiara di essere stato contattato da un selezionatore tramite i social media (dal 35% all'8%) e si dimezza quella delle persone che hanno trovato lavoro attraverso questi canali (dal 5% al 2%). È in calo anche la quota degli intervistati che hanno inviato la propria candidatura attraverso i social network (dal 38% al 30%), chiaro sintomo di scoraggiamento.
Si conferma, anche se la forbice si riduce, lo scollamento già rilevato lo scorso anno: i responsabili delle Risorse umane cercano collaboratori attraverso LinkedIn (41% vs 29% Facebook), il social network dedicato alla vita professionale, mentre i candidati cercano lavoro attraverso Facebook (30% vs 26% Linkedin). Lo scarto si sta riducendo, ma domanda e offerta di lavoro faticano a incontrarsi anche online.
Anche rispetto all'efficacia dei canali online, le valutazioni divergono: i selezionatori apprezzano Linkedin (78% valutazioni positive) più dei siti di matching (72%), mentre nei candidati le posizioni sono invertite, con i siti che raccolgono il 70% di valutazioni positive, mentre Linkedin si ferma al 29% e Facebook, che pure è il più utilizzato, al 19%. In generale, si dichiara soddisfatto del ricorso al social recruiting la metà dei responsabili Hr e solo un quarto dei candidati. Per i selezionatori, il principale vantaggio offerto dai siti di social network è la disponibilità di profili - sempre aggiornati - anche di professionisti non attivamente alla ricerca di lavoro (i cosiddetti "candidati passivi").
L'indagine ha permesso di approfondire anche il ruolo del capitale sociale: per trovare lavoro attraverso i social network è importante - ancor più che per altri canali - coltivare una ricca rete di relazioni integrando i contatti in presenza con scambi online. Se è quasi scontato rammentare, senza scadere nelle raccomandazioni, il vantaggio ma anche la difficoltà di costruirsi conoscenze "offline" nel proprio settore professionale, che sono più difficili da coltivare, l'online permette di accorciare più facilmente le distanze tra i candidati e chi opera già nel settore.
Se mai, le relazioni solo online, presentano una propria specificità: permettono di entrare in contatto con persone di status più alto. In particolare, per i giovani è utile la partecipazione a gruppi di discussione: la lettura dei messaggi consente ai neofiti di familiarizzare con le questioni e con il linguaggio quotidiano del settore in cui intendono inserirsi; la partecipazione attiva su questioni rispetto alle quali dispongono di conoscenze specifiche - maturate, per esempio, attraverso la tesi - consente di entrare in relazione con professionisti che potrebbero essere interessati a stabilire ulteriori forme di collaborazione. Una modalità di contatto più efficace rispetto al semplice invio del curriculum.
Altro dato di cui tenere conto: i candidati sembrano sempre più consapevoli dell'importanza della reputazione digitale: il 70% degli intervistati ha cercato il proprio nome su un motore di ricerca. Una verifica utile, se si considera che il 77% dei selezionatori dichiara di analizzare la presenza online dei candidati di cui ricevono il curriculum, soprattutto per verificare la cura del profilo e trarre informazioni sulla loro personalità.
C'e anche chi va oltre: il 5% dei selezionatori ha chiesto ai candidati la password per accedere al loro profilo Facebook, in modo da prendere visione anche dei contenuti protetti. Una pratica diffusa negli Stati Uniti ma che viola le norme sociali (se non giuridiche) di rispetto della vita privata dei candidati. I laureandi sono avvertiti.