«È un po' come prevedere un uragano: sapendo del suo arrivo è possibile limitarne i danni». La metafora meteorologica non è casuale nelle parole di Domenico Delli Gatti, docente di Economia politica all'Università Cattolica di Milano e coordinatore di "Crisis" (Complexity based Research Initiative for Systemic InstabilitieS), un progetto triennale di ricerca, che coinvolge dieci atenei e centri di ricerca, ed è finanziato dalla Commissione Europea con tre milioni e mezzo di euro. Lo studio si ispira infatti proprio a teorie e metodi sviluppati originariamente in fisica e applicati all'economia e ha l'obiettivo di costruire un modello, prima, e un software, poi, in grado di capire le crisi finanziarie e segnalarne l'arrivo. «I modelli macroeconomici tradizionali - spiega il professor Delli Gatti - erano in grado di interpretare e anche prevedere con sufficiente accuratezza gli sviluppi macroeconomici (andamento del Pil, dell'inflazione, eccetera) in "tempi normali", come quelli che hanno caratterizzato le economie occidentali fino allo scoppio della crisi finanziaria globale. Ma non sono stati assolutamente capaci di prevederla. Si sono dimostrati insufficienti e inadeguati in tempi "non normali" come quelli di crisi».
Che cosa avete escogitato, allora?
Abbiamo provato a rivolgerci alle intuizioni che arrivano da altre discipline come la fisica e l'informatica. L'obiettivo è quello di elaborare nuovi modelli, più complessi, alternativi o complementari ai precedenti.
In concreto?
Nel nostro progetto collaborano studiosi di diversa provenienza: economisti, fisici, computer scientists (cioè gli informatici). Mettendo insieme le competenze e le intuizioni di tutti, stiamo cercando di elaborare un modello nuovo, che sia in grado di interpretare la crisi che stiamo vivendo ed eventualmente di contribuire a prevedere l'avvicinarsi di una futura, per limitarne i danni. Questo modello verrà codificato in un software, che sarà messo a disposizione di banche centrali e governi.
Se è chiaro il contributo degli informatici, in che modo i fisici possono aiutare gli economisti?
Esiste una branca della fisica, la cosiddetta meccanica o fisica statistica, che studia le interazioni tra le particelle, a cui ha fornito un contributo determinante il fisico, attualmente a Oxford, J. Doyne Farmer, uno dei leader del progetto. In base a come queste particelle entrano in relazione tra di loro, un corpo si trova in uno stato solido, liquido o gassoso.
Come si traduce questo in termini economici?
Anche in economia esistono delle particelle che interagiscono, gli "agenti": famiglie, imprese, banche, policy maker. Nei modelli tradizionali non si considerava il fatto che questi soggetti fossero diversi e interagissero. Nel modello che costruiremo con "Crisis", noi non dimentichiamo che ogni decisione economica è influenzata dal rapporto con altri agenti. A seconda di come avviene questa interazione, si creano conseguenze differenti sul sistema economico, quelli che chiamiamo comportamenti emergenti a livello macroeconomico. Un po' come gli stati solido, liquido, gassoso, che sono proprietà della materia emergenti dalle interazioni tra particelle.
Dopo un anno di lavoro, a che punto siete giunti?
Il progetto è diviso in gruppi o aree di ricerca. Una prima area sta elaborando un modello in grado di descrivere come si comporta un sistema macroeconomico in cui agiscono diversi agenti. In Cattolica se ne occupa il gruppo di ricerca da me coordinato, che comprende Tiziana Assenza, Jakob Grazzini e Alessandro Gobbi. Collaborano a questo tipo di ricerca anche le unità di Ancona, coordinata da Mauro Gallegati, e di Barcellona, diretta da Vasco Carvalho.
L'altra area di cosa si occupa?
Il gruppo di Oxford, Palermo, Pisa, Londra, Vienna e Parigi si sta invece concentrando su un modello che rappresenti le attività finanziarie e i mercati finanziari: quindi il mercato azionario, quello dei titoli di stato, quello dei prestiti bancari (tra banche e imprese o tra banche e banche) e quello dei mutui.
Quali sono i primi risultati?
Grazie agli studi di queste due aree, abbiamo già elaborato due programmi software. Ci aiuta in questo l'esperienza di una piccola impresa ungherese (Aitia) di bravissimi sviluppatori di software. L'intento è di integrarli, tra pochi mesi, in un unico software. Avremo così un codice che raccoglierà le indicazioni sui comportamenti di tutti gli agenti sui diversi mercati e per tutte le differenti attività finanziarie.
Il progetto prevede anche una parte sperimentale?
Partirà a breve all'Università di Amsterdam, dove, con l'aiuto di studenti volontari, saranno condotti alcuni esperimenti sugli agenti, per capire come si comportano sia nel contesto macroeconomico che in quello finanziario. I risultati andranno ad arricchire prima i due modelli parziali, macroeconomico e finanziario, quindi quello finale.
Il progetto ci aiuterà a uscire dalla crisi?
Non posso saperlo. So solo che ci aiuterà a studiare in modo più appropriato il rischio sistemico, cioè la possibilità che un'altra crisi si avvicini e colpisca in tempi brevi. Ci aiuterà, insomma, a mettere in piedi un sistema di allerta precoce, che ridurrà al minimo le conseguenze di un'eventuale crisi. E prevenire, anche in economia, è sempre meglio che curare.