Una famiglia più forte e coesa nel 61% dei casi e al tempo stesso sospesa tra le dimensioni del “dentro” e del “fuori”. È il quadro che emerge dalla ricerca La Famiglia al tempo del COVID19, condotta da un gruppo di ricercatori psico-sociali del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, insieme alla società Human Highway che ha curato la messa in rete e la raccolta dei dati. Lo studio si svolge in due fasi: la prima si è appena conclusa, la seconda verrà effettuata dopo la fine del periodo del lockdown, quando le attività sociali ed economiche cominceranno a riprendere.

La ricerca ha coinvolto 3000 soggetti in Italia di età compresa tra i 18 e gli 85 anni, equidistribuiti per sesso e regione di residenza e rappresentativi di quella ampia fascia di popolazione che ha accesso a internet almeno una volta alla settimana (circa 40 milioni di persone). Gli intervistati hanno risposto a un questionario on line tra il 30 marzo e il 7 aprile, periodo in cui la pandemia in Italia era al suo massimo in termini di diffusione del contagio.

«Sono diverse le preoccupazioni emerse. I livelli di stress più elevati riguardano le famiglie con figli piccoli o adolescenti in casa (61%), le famiglie monocomponenti (58%) e le coppie senza figli (51%) - ha dichiarato Camillo Regalia, psicologo e direttore del Centro di Ateneo». 

I nuclei familiari con figli piccoli, infatti, soffrono l’assenza di risorse e sostegno non potendo contare sulla scuola, né su aiuti familiari o esterni, e quando i genitori lavorano in smart working la gestione è molto complessa. Inoltre il 58% degli intervistati dichiara di sentirsi in gabbia e di provare insofferenza verso i propri familiari, maggiore (36%) per le famiglie in cui ci sono figli in casa, più contenuta per chi ha figli non in casa (29%) e decisamente minore per chi vive in coppia o da solo (19% e il 12%). L’aumento della conflittualità vera e propria rispetto alla vita pre-Covid riguarda una quota importante, ma comunque minoritaria di persone, circa il 15% degli intervistati.

«Nonostante le evidenti criticità, però - ha spiegato Regalia - i dati ci dicono anche di una capacità rigenerativa e di una vitalità per certi versa inattesa. I membri della famiglia fanno squadra e riscoprono i valori dello stare insieme, in particolare la coesione, più accentuata proprio per le famiglie che hanno figli, quelle più sottoposte a stress».

La dimensione in particolare più toccata attiene alla sfera emotiva e della coesione. Ben il 61% dei rispondenti avverte un incremento dell’unione tra i componenti della famiglia. Questo vale particolarmente per le famiglie che hanno figli lontano da casa (71%) che compensano la separazione con un incremento di intimità a distanza, mentre è ridotta per chi vive da solo (51%), che avverte probabilmente in maniera più evidente la solitudine. È anche un periodo di riscoperta di valori, maggiore per chi ha figli (50%) rispetto a chi non li ha o vive da solo (30%).

Una correlazione interessante messa in evidenza dallo studio è che quanto più le famiglie riescono a cogliere delle opportunità in questo tempo difficile, tanto più i singoli componenti mostrano maggiore stima in sè stessi e risultano più ottimisti e fiduciosi nei confronti del futuro sia per quanto riguarda la situazione lavorativa, sia rispetto alla salute personale e dei propri cari. 

Dalla ricerca emerge un'altra considerazione interessante relativa alla tenuta della coppia, in termini scientifici il cosiddetto “coping diadico”. «Molti preconizzano un aumento delle separazioni e dei divorzi - ha aggiunto lo psicologo -. Non possiamo sapere oggi come sarà la situazione nel prossimo futuro, ma i risultati di questa prima fase della ricerca ci dicono che la dimensione della coppia può essere una risorsa importante e rappresentare un fattore protettivo. Chi vive con un partner dichiara di avere preoccupazioni relative alla salute e per la situazione finanziaria, ma complessivamente esprime minore stress, più soddisfazione nella propria vita, di sè stesso, e più speranza verso il futuro». 

Infine lo studio ha messo in evidenza la criticità del rapporto tra famiglie e istituzioni. Circa due terzi delle famiglie non si sono sentite supportate nell'affrontare questa fase critica: il sovraccarico di responsabilizzazione per il gran numero di attività ricadute all’interno della famiglia si è tramutato spesso in una delega a trovare soluzioni alla gestione della complessità.