Il concerto all’epoca della sua riproducibilità…in streaming. Magari non è necessario scomodare Walter Benjamin ma, tra le certezze minate da questo lockdown, c’è anche la musica dal vivo. Artisti che si esibiscono sui social, maratone musicali dalle proprie abitazioni ma anche veri e propri eventi. Ma davvero possiamo fare a meno dell’adrenalina di un concerto in uno stadio, in una piazza? Davvero gli artisti possono rinunciare al brivido di migliaia di fan ai piedi del palco?
A questa domanda hanno provato a rispondere – già dal titolo - esperti del mondo musicale e discografico nel webinar I concerti in streaming: come funzionano (e perché non possono sostituire il “live"), terza tavola rotonda dell’Open Week Postgraduate della Cattolica. A introdurre il tema il direttore del Master in Comunicazione Musicale Gianni Sibilla: «Siamo abituati a ‘consumare’ il live a distanza ma in realtà si tratta di un’esperienza totalmente differente rispetto un vero e proprio concerto dal vivo. Anche perché dietro alla parola live si cela un mondo decisamente molto complesso, pieno di sfaccettature. In ogni caso, quando parliamo di concerti in streaming parliamo di veri e propri eventi, non dei concertini sui social che abbiamo visto nei mesi in cui siamo stati costretti a rimanere chiusi in casa. Esibizioni sicuramente in grado di fare grandi numeri, come per esempio quella di Chris Martin, ma totalmente improvvisate».
«Secondo una ricerca di Report Music Watch – ha spiegato Sibilla - uno spettatore su tre è disposto a pagare per un concerto in streaming, a testimonianza del fatto che si tratti di una realtà già utilizzabile su scala industriale come del resto testimoniano le esperienze di gruppi come i Grateful Dead e i BTS. Ma è necessario creare uno spettacolo che valga il prezzo del biglietto. E la direzione è quella della cosiddetta “realtà aumentata” che peraltro abbiamo già sperimentato proprio in università in questi mesi sotto l’aspetto didattico».
E proprio l’applicazione della realtà aumentata nell’ambito musicale è stato l’obiettivo di Alex Braga, ideatore della piattaforma di streaming di musica dal vivo A-Live ma- soprattutto - musicista: «Il nostro comparto è imploso dall’oggi al domani e qualcosa andava fatto. Io penso che l’arte e la musica devono essere delle avanguardie. Il rito del concerto come show, de facto, è sempre uguale da settant’anni e per me questo è inaccettabile. Così, insieme a Maurizio Capobianco, abbiamo deciso di creare questa piattaforma, creata da musicisti per i musicisti ma, soprattutto, per i fans. Grazie a A-Live è infatti possibile interagire e sfruttare tutte le possibilità che offre la realtà aumentata. Detto questo è chiaro che questo tipo di eventi non solo non possono ma neanche devono sostituire il concerto dal vivo. Si tratta di una possibilità aggiuntiva che, se sostenuta dall’industria musicale, è in grado di dare far respirare il settore, come dimostra l’esperienza dei Lacuna Coil all’Alcatraz di Milano. Un evento che ha permesso agli operatori del settore di lavorare in un momento difficile».
Ma il concerto dal vivo è «passione, aggregazione, condivisione, sudore. Tutte esperienze uniche che non possono essere vissute attraverso uno schermo. Gli eventi in streaming - ha ricordato Veronica Corno, responsabile comunicazione Friends & Partners - c’erano già, come molte altre cose la pandemia ha accelerato i tempi. In ogni caso non c’è nessuna competizione tra il concerto dal vivo e l’evento in streaming che in un prossimo futuro potranno tranquillamente integrarsi e raggiungere così un pubblico ancora più vasto. È una nuova frontiera per gli artisti. Il conflitto, se proprio lo vogliamo trovare, potrebbe essere con la tv, non con i live ‘tradizionali’».
Ma per qualcuno la moda del momento è anche una rivincita: «Noi che eravamo già abituati a seguire eventi musicali in streaming adesso non ci sentiamo più spettatori di Serie B – ha ammesso scherzando, ma non troppo, Luca De Gennaro, Head of Talent & Music di MTV/VH1 non ché curatore artistico della Milano Music Week - non è una novità assoluta, io per esempio, sono un grande fan del Coachella Festival che seguo online proprio per l’impossibilità fisica di essere in California. Lo streaming è una sorta di “compendio” che può permettere di superare ostacoli come la distanza, il sold-out, o anche semplicemente economici. Un elemento importante, inoltre può essere rappresentato dall’esclusività che psicologicamente fa molta presa sul pubblico».
E la radio, che vive di e per la musica, come si pone davanti a questa potenziale irruzione? «Sicuramente è un’opportunità per i media – ha riconosciuto Marco Pontini, direttore didattico del Master Fare Radio e vice presidente di Radio Italia – ma è chiaro che a differenza di chi l’evento lo crea e lo organizza per noi come emittente lo show può essere offerto al pubblico gratuitamente. Ma è vero che questo senza la cosiddetta ‘realtà aumentata’ non ha un particolare valore aggiunto rispetto all’evento dal vivo vero e proprio».
Il dibattito è stato molto partecipato anche dagli spettatori che lo hanno seguito in diretta sui canali social dell’Ateneo e proprio da una di loro, Lisa, è arrivata forse la sintesi più efficace: «Poco tempo fa ho avuto la possibilità di assistere ad un concerto in streaming a pagamento di una cantante britannica – ha commentato su Facebook - naturalmente le emozioni non sono le stesse del live però penso che sia una buona alternativa, almeno fino a quando non potremo tornare a godere dei concerti dal vivo. Ed è vero che rappresenta una possibilità per chi è impossibilitato ad essere fisicamente al concerto e un’ottima occasione di creare nuovi posti di lavoro. Dimostrazione che la musica c’è. E vince...»