Un corso per offrire alle istituzioni e al Paese figure in grado di fronteggiare le molteplici sfide lanciate dalla gestione e destinazione dei cespiti sottratti alla criminalità: questo il senso del Corso di Alta Formazione per Amministratori Giudiziari di aziende e beni sequestrati e confiscati (Afag), che si è concluso il 3 maggio nella Cripta dell'Aula Magna dell'ateneo di largo Gemelli con la consegna degli attestati ai partecipanti, alla presenza, tra gli altri, del vice capo della Polizia di Stato Matteo Piantedosi.
La cerimonia conclusiva della prima edizione del corso promosso dal Centro studi "Federico Stella" sulla Giustizia penale e la Politica criminale (Csgp) dell'Università Cattolica e dal Dipartimento di Studi europei e dell'Integrazione internazionale dell'Università di Palermo (Dems), ha rappresentato l'occasione per fare il punto sulla normativa in tema di disciplina dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità e per evidenziare le prospettive di una sempre migliore attuazione delle finalità perseguite attraverso la gestione e la destinazione dei patrimoni illecitamente accumulati. Dopo i saluti iniziali, Gabrio Forti, direttore del Centro Csgp e preside della facoltà di Giurisprudenza, facendo il punto sull'esperienza del corso Afag, ha annunciato l'intenzione di organizzarne una seconda edizione per il prossimo anno accademico.
Il corso è stato il frutto di una stretta collaborazione, oltre che tra l'Università Cattolica e il Dems diretto dal professor Giovanni Fiandaca, anche con la Procura Nazionale Antimafia, il Tribunale di Milano, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e la sede milanese della Banca d'Italia. Questo ha permesso di realizzare una sinergia altamente professionalizzante: il costante confronto tra gli operatori che, a diverso titolo, affrontano quotidianamente le sfide poste dai nuovi strumenti di contrasto alla criminalità organizzata ha contribuito alla preparazione di amministratori giudiziari in grado di affrontare le numerose problematiche connesse a tale compito.
Il professor Forti ha segnalato, inoltre, le peculiarità del corso Afag: l'estensione del programma didattico a tutti gli strumenti di contrasto alla criminalità del profitto, anche oltre le classiche ipotesi di contrasto alla criminalità organizzata, e la presenza di moduli di confronto - denominati "L'esperienza insegna" - tra prassi "virtuose" maturate in varie regioni d'Italia, hanno fatto del corso milanese un unicum nel panorama dell'offerta formativa per coloro che vogliono intraprendere l'esperienza, davvero "totalizzante", dell'amministratore giudiziario.
Matteo Piantedosi, vice capo della Polizia di Stato, ha offerto un quadro completo delle diverse istituzioni che intervengono nel processo di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, evidenziando l'evoluzione della normativa di settore alla luce dei progressi fatti nella direzione di una sua più efficiente attuazione. Particolare delicatezza, in questo senso, assume la problematica delle cautele che dovrebbero presidiare l'eventuale vendita del bene affinché non sia "inquinata" da presenze riconducibili alla criminalità. Il tema delle misure patrimoniali e della loro efficiente attuazione è centrale: lo dimostra il fatto che - come sottolineato da Piantedosi - tra gli argomenti su cui dovrà concentrarsi il prossimo semestre europeo affidato alla presidenza dell'Italia (seconda metà del 2014) è stato scelto proprio il tema dell'impatto della criminalità organizzata sullo sviluppo economico.
Aggredire le ricchezze illecite, ha ammonito Pierluigi Maria Dell'Osso, Procuratore nazionale antimafia vicario, significa porsi il problema della loro amministrazione: un problema tanto più urgente quanto più un eventuale fallimento dello Stato in ciò potrebbe accrescere la sfiducia nelle istituzioni e, conseguentemente, il predominio territoriale delle consorterie criminali operanti, oramai, in tutte le regioni d'Italia e anche all'estero. L'Italia, tuttavia, sembra all'avanguardia negli strumenti normativi di tipo patrimoniale alla criminalità organizzata: come sottolineato da Giuliana Merola, presidente della Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano, i Paesi europei interessati dal fenomeno della criminalità organizzata per adeguare il loro ordinamento alle nuove fenomenologie criminali hanno preso ampio spunto, come nel caso dell'Albania, dalla normativa italiana, e in particolare dal Codice Antimafia.
Occorre, però, investire concretamente nella gestione e destinazione dei beni sottratti alla criminalità. Un grosso problema, in tal senso, è rappresentato - come evidenziato dalla Silvana Saguto, presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo - dalle scarse risorse di cui dispone l'Agenzia nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata. Un rafforzamento delle sue strutture potrebbe contribuire a realizzare gli scopi economici e sociali del Codice Antimafia.
Tuttavia non possono essere trascurati gli aspetti problematici dell'attuale normativa. Costantino Visconti, docente di Diritto penale all'Università degli Studi di Palermo, ha messo in guardia dal rischio che si realizzi una sorta di giustizia patrimoniale sommaria, che sbilanci totalmente il sistema a vantaggio delle istanze politico-criminali, senza tener conto della tutela dei diritti delle persone a cui vengono sottratti i beni. La magistratura ha finora avuto un approccio cauto e attento a questi profili. Visconti ha auspicato di sviluppare la capacità di distinguere in modo netto tra attività imprenditoriali integralmente mafiose, verso cui esibire un approccio "aggressivo", e imprese che siano state interessate, invece, da una mera contiguità con ambienti criminali, cui offrire la disponibilità delle istituzioni a collaborare per un pieno rientro nella legalità, anche per salvaguardare i livelli occupazionali.