Rivoluzione digital nella sanità italiana nata per effetto dell’emergenza coronavirus. Sempre più app sviluppate e in uso nelle regioni italiane per tracciare i contagi, ma soprattutto, in questa fase, per gestione e assistenza da remoto ai pazienti, Sono globalmente 89 le soluzioni digitali adottate in 17 Regioni su 20 (tranne Friuli Venezia Giulia, Molise e Calabria), sia a livello regionale che di singola azienda sanitaria. La mappatura mostra come 28 delle soluzioni sono dedicate strettamente alla gestione dei pazienti Covid-19. Altro elemento che emerge dal 4/o rapporto è un netto aumento dei posti letto di terapia intensiva, spesso in percentuale superiore a quella indicata dal Ministero della Salute (+50%).
Sono alcuni dei dati della quarta puntata dell’Istant Report Covid-19 una iniziativa dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale, per la prima volta prendendo in considerazione 20 Regioni italiane.
Soluzioni digital. Per esempio sul fronte delle app per analisi di spostamenti e assembramenti il Lazio ha attivato il Portale (ROMA) segnalazione assembramenti. Sul fronte della segnalazione anonima dei cittadini del loro stato di salute si è attivata la Lombardia con la app AllertaLOM. Il Lazio invece ha la App LazioDrCovid per l’interazione periodica del cittadino coi servizi, sempre in merito al proprio stato di salute.
Poi ci sono tantissime iniziative digitali adottate dalle singole aziende sanitarie su uno o più reparti, per gestire i pazienti, specie quelli con malattie croniche, da remoto: infatti, delle 89 soluzioni, ben 57 sono invece state adottate in queste settimane per la migliore gestione “a distanza” dei pazienti affetti prevalentemente da diabete (10 soluzioni), patologie cardiovascolari (9) e per i pazienti oncologici (6). Sono invece 8 le soluzioni digitali per la medicina di famiglia. Tutti pazienti che, in questo periodo, hanno dovuto rinunciare a recarsi in ospedale o in ambulatorio per via dell’emergenza. Il 39% di queste soluzioni assicura visite a distanza, il 34% soluzioni per il monitoraggio dei pazienti a casa e il 10% si rivolge a pazienti in RSA. Il 30% delle soluzioni utilizza una combinazione tra contatto telefonico e scambi di posta elettronica. Il 27% usa il web (siti internet dedicati), il 24% è basato su specifiche piattaforme per teleconsulto e contatto domiciliare e il 19% è costituito da app per smartphone.
Questa sembra essere una delle prime ricadute dell’emergenza Covid-19 sul sistema sanitario e forse ci mostra l’Ssn prossimo venturo. Infatti la difficoltà di accedere ad ospedali e ambulatori, comunque in situazioni di necessità e bisogno, ha accelerato l’introduzione di soluzioni innovative che, con ogni probabilità, ridefiniranno i confini del Servizio sanitario nazionale.
Certamente in tutte le Regioni le soluzioni digitali stanno oggi integrando (e forse nel futuro sostituiranno) i servizi ambulatoriali più tradizionali soprattutto per l’assistenza ai pazienti non-covid che, in questa fase hanno dovuto ritardare o rimodulare la propria domanda di salute per dare priorità all’emergenza.
Il Coronavirus cambia i connotati agli ospedali italiani. Se prima dell’emergenza Covid-19 la disponibilità di posti letto in terapia intensiva era pari a 7,35 per 100.000 abitanti oggi è oltre di 12 ogni 100.000 abitanti. La quasi totalità delle Regioni ha registrato un aumento dei posti letto in Terapia Intensiva (TI). La Regione Liguria, per esempio, avrebbe più che triplicato la dotazione: da 4,19 (il secondo più basso in Italia) a 12,96, superiore alla media nazionale. La Regione Lombardia, considerando i posti letto di TI in Fiera, raggiunge una dotazione di 13,72/100.000. Il Friuli Venezia Giulia quadruplica le dotazioni giungendo a un valore che è pari alla media nazionale pre-Covid (8,39). In partenza la dotazione era di 2,39 posti letto per 100.000 abitanti, il più basso in Italia. Dati in controtendenza solo in Calabria e in Sicilia. In tutte le Regioni il tasso di saturazione delle Terapie Intensive è sceso sotto il 65% e in media è del 25% significativamente più basso rispetto al livello di saturazione “medio” del Servizio Sanitario Nazionale nelle statistiche storiche (intorno al 48%). In molte Regioni, grazie all’implementazione di nuovi posti in Terapia Intensiva e la riduzione delle attività chirurgiche in elezione, la saturazione dei posti letti in terapia intensiva negli ospedali è ben al di sotto della media storica (es. in Campania è intorno al 10%).
Il Rapporto n.4 conferma che le Regioni italiane stanno rispondendo all’emergenza secondo tre modelli organizzativi: quello centrato sull’ospedale, quello centrato sul territorio e quello che prevede una risposta combinata tra ospedale e territorio. Le Regioni sono allocate nei tre gruppi in relazione ad elementi oggettivi ed in particolare analizzando 4 indicatori “core” desunti dai dati grezzi pubblicati dal Dipartimento della Protezione Civile Nazionale: tamponi effettuati/popolazione residente, che esprime la propensione ad una ricerca attiva dei casi sul territorio; saturazione dei posti letto in terapia intensiva, che esprime la pressione degli effetti del contagio su uno dei punti nevralgici del sistema di risposta; ricoverati/attualmente positivi, che esprime la propensione all’uso dell’ospedale come setting assistenziale privilegiato; ricoverati in TI/attualmente positivi, che esprime la propensione all’uso della terapia intensiva quale setting ospedaliero privilegiato.
I dati mostrano che la percentuale di casi attualmente positivi (n = 107.709) sulla popolazione nazionale è pari allo 0,18% (era lo 0,13% al 31/3). Al 22 aprile la percentuale di casi (n= 183.957) sulla popolazione italiana è lo 0,30%, in crescita rispetto allo 0,17% (al 31/3).
I risultati principali del quarto Instant Report. Il primato per l’incidenza dei positivi e di casi sulla popolazione si registra in Valle d’Aosta (0,41% e 0,86% rispettivamente). Piemonte, PA di Trento e Lombardia seguono con una incidenza di positivi ad oggi pari allo 0,34% e una incidenza di casi pari allo 0,68% in Lombardia e a Trento e dello 0,50% in Piemonte, segnale di un ritardo nella diffusione in questa regione rispetto alle altre.
Tutte le Regioni del sud si attestano su valori di incidenza dei positivi tra lo 0,04% (Molise) e lo 0,07% della Puglia. Valori intermedi nelle Regioni del centro, in un chiaro gradiente nord-sud.
L’analisi della letalità (numero dei decessi rispetto ai casi positivi) mostra estrema variabilità e appare in linea con la diversa intensità del contagio: più elevata in Lombardia (in media pari al 3,84%) con un trend crescente. Seguono Emilia Romagna (3,44%) e Marche (2,11%). Segue il Piemonte (1,49%), molto più bassa in Veneto (1,18%) e Lazio (0,76%). In Lombardia la massima letalità si registra nella fascia d’ètà oltre i 90 anni, mentre in tutte le altre Regioni la fascia più colpita è quella tra 80-89 anni.
Unità Speciali di Continuità Assistenziale. Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Marche) hanno attivato Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA), ovvero uno strumento di continuità assistenziale basato su un team di medici che intervengono su pazienti di gravità “intermedia”, gestiti a livello domiciliare che hanno un bisogno di monitoraggio che non può essere assolto solo con un contatto telefonico ma che ancora non necessitano di un trasporto in ospedale. La Regione Marche in breve tempo offre la più alta copertura rispetto alla popolazione residente (55%), mentre il Veneto ha la copertura più bassa con il 16% della popolazione. La Regione Lombardia ha attivato il numero più elevato di USCA (38) con una copertura del 19% della popolazione. Emilia Romagna con 34 USCA copre il 38% della popolazione e il Piemonte con 18 raggiunge il 22% della popolazione.