di Gualtiero Bassetti *
Caro monsignor Claudio, autorità accademiche e rappresentanti delle istituzioni, carissimi docenti, studenti, studiosi, fedeli tutti, è un godimento dell’anima celebrare il Dies Academicus, l’apertura dell’anno accademico, in questa bella chiesa, cuore dell’Università Cattolica di Roma e della comunità di studio e di ricerca che qui si raduna per trovare l’alimento spirituale che è alle sue origini fondative.
Il Sacro Cuore di Gesù, a cui l’Ateneo è intitolato, è la fonte di carità e di luce a cui si riconducono i suoi principi ispiratori e i suoi obiettivi: «lo sviluppo degli studi e della ricerca scientifica… nel rispetto dell’autonomia propria di ogni forma del sapere, e secondo una concezione della scienza posta al servizio della persona umana e della convivenza civile, conformemente ai principi della dottrina cattolica e in coerenza con la natura universale del cattolicesimo e con le sue alte e specifiche esigenze di libertà». Così recita il primo articolo dello Statuto.
Non meno elevate le parole di padre Agostino Gemelli quando, nel 1958, sorse a Roma la facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, per formare giovani, egli diceva, che considerino «l’esercizio della loro professione come una nobile arte che ha per fine di alleviare le sofferenze dei fratelli in Cristo» (Vita e Pensiero, 1958).
Oggi, questo Ateneo, legato alle origini dell’impegno cattolico nella vita sociale italiana, sviluppatosi nelle varie sedi sotto lo sguardo benevolo e patrocinante di molti Pontefici, è connesso a una rete poderosa di iniziative benefiche ed esemplari, come il Policlinico intitolato allo stesso Agostino Gemelli.
La Parola del Signore, scaturita dal suo Cuore sacro, è guida e luce ai nostri passi, a maggior ragione in percorsi impegnativi come questi. Qui, in queste aule, si preparano i giovani ad attività di studio, di ricerca e di lavoro, non di rado su vie pionieristiche, aprendo strade nuove per risolvere quesiti e problemi che affliggono l’uomo, sperimentando possibilità di bene e di collaborazione nei vari rami del sapere, rappresentando modelli virtuosi anche per altre istituzioni formative.
Si tratta di percorsi estremamente concreti, necessariamente scientifici e pragmatici, ma non per questo aridi, anzi, fecondi e, potremmo dire, profetici. La scienza ispirata a saldi principi etici e sviluppata in vista del bene comune, e non per un egoistico tornaconto, è sempre un’attività estremamente generosa, un modo nobilissimo di offrire la propria vita, per amore della vita. Stimolando le forze migliori dell’uomo e della donna, nell’armonia mai sconfessata tra scienza e fede correttamente intesa, ci si congiunge a quanto vi è di più sacro in ogni vivente, alla missione di perfezione, ognuno secondo i propri talenti, che Dio affida alla creatura, in questa “casa comune” che è la Terra affidata alla nostra custodia.
Un grandioso affresco messianico echeggia in alcuni salmi di lode, come il Salmo 65, in cui la terra intera esulta rendendo grazie a Dio per il compimento delle sue promesse: «Gli abitanti degli estremi confini / stupiscono davanti ai tuoi prodigi: / di gioia fai gridare la terra, / le soglie dell’oriente e dell’occidente. / Tu visiti la terra e la disseti… / Il fiume di Dio è gonfio di acque; / tu fai crescere il frumento per gli uomini. … / Le valli si ammantano di grano; / tutto canta e grida di gioia» (Sal 65, 9-14).
È il canto corale del dono di Dio accolto dall’umanità, che discerne le sue vie provvidenziali e ad esse si affida, accettando con libertà la guida del Padre amoroso; e in questo modo riconosce, rende fecondo e moltiplica quel dono originale. È anche un canto di sollievo e di vittoria, che narra l’esperienza di chi si è visto perdonare i peccati e allontanare i nemici. E i nemici più potenti e insidiosi, lo sappiamo, si annidano dentro di noi; ed è con quelli che occorre anzitutto combattere, per conseguire un’autentica vittoria, pace e tranquillità, nella quale far fruttificare i talenti di grazia e di sapienza.
La prima lettura, dal primo libro di Samuele, narra la tentazione della gelosia che attanaglia re Saul, tanto da indurlo quasi a uccidere il giovane David, desistendo quando il figlio Gionata, amico fraterno di David, lo fa ragionare. Possiamo forse leggervi, in controluce, la gelosia di un maturo sovrano che vede avanzare il nuovo e non accetta il passaggio generazionale: un sentimento umano, ma che non deve prendere il sopravvento.
In una società che invecchia, come la nostra, occorre dare spazio alla componente giovanile, entusiasta e portatrice di idee ed energie innovatrici, creando le condizioni perché queste doti possano efficacemente svilupparsi. Occorre creare le condizioni per fare tesoro della sapienza dei padri e degli insegnanti, coltivandola e indirizzandola con serenità e originalità verso nuove, creative forme di bene.
«C’è uno stretto legame fra la speranza di un popolo e l’armonia fra le generazioni», ha ricordato Papa Francesco parlando di padri e figli. Né i giovani, né i meno giovani «devono aver paura dell’impegno di costruire un mondo nuovo», potenzialmente migliore di quello già noto: del resto, a iniziare dalle GMG ma anche dalla vita fervorosa delle diocesi e delle parrocchie, e anche nella cronaca se vogliamo (ce lo insegna lo stesso Papa Francesco), possiamo vedere e cogliere tanti segni incoraggianti di questo impegno giovanile, anche nei temi sociali, ecologici, scientifici.
Ciò che vale nelle famiglie si può estendere al mondo universitario: una agenzia educativa che avvia con decisione all’età adulta, ma ha tutte le caratteristiche intergenerazionali di una grande famiglia, specialmente se si ispira esplicitamente a principi cristiani, anzi cattolici (del resto le due parole, «università» e «cattolica», si rifanno allo stesso significato di abbraccio universale).
Questa sede, prestigiosa e veramente ‘cordiale’, dove si respira sapienza ma anche calore umano, è a tutti gli effetti una famiglia allargata, dove le generazioni interagiscono per creare, da basi antiche, consolidate e inequivocabili, qualcosa di nuovo: con l’equilibrio e l’acribia dello scriba del Vangelo, che estrae dal suo tesoro sia il passato sia il futuro.
Occorre avere il coraggio di sapersi proiettare verso le nuove generazioni, accogliendone il fondamentale apporto e accogliendo anche le forze giovani e dinamiche, venute da altrove, che scelgono il nostro Paese, la nostra Italia così bella, per cercare e costruire un futuro migliore.
Una bellezza e una ricchezza come quella della nostra cultura non può reggersi soltanto sul passato, per quanto splendido e nobile. Parte da qui, da queste aule, il ponte vitale verso la nuova giovinezza: l’impegno, la gioia contagiosa, una nuova capacità di accoglienza, un nuovo slancio verso l’avventura inesauribile del sapere, dello scoprire, dell’innovare, del costruire. Insieme, tutte le generazioni solidalmente, per il bene di tutti.
Non vi è cultura né progresso senza scambio. Inoltre, dobbiamo sempre ricordare che chiunque acquisisca, grazie al lavoro e allo studio, la possibilità di una vita migliore, non lo fa solo per sé. Il futuro di un giovane, di una giovane, non è mai un fatto suo privato, ma riguarda tutti.
Ci illumini sempre in questi percorsi la luce della fede, aprendo il nostro cuore alla Parola scaturita dal Cuore del Signore. Amen.
* cardinale, presidente della Conferenza episcopale italiana, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve