Ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS hanno scoperto un’altra possibile complicanza del diabete gestazionale: potrebbe compromettere le funzioni cognitive, per esempio la capacità di apprendimento e memoria, non solo del nascituro ma anche delle generazioni successive.
È quanto emerso da uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale "Nature Communications”, condotto da un gruppo di giovani ricercatori dell’Istituto di Fisiologia Umana dell’Università Cattolica, diretto dal professore Claudio Grassi e finanziato dal Ministero dell’Istruzione, della Università e della Ricerca e dal Ministero della Salute.
Finora, gli studi sugli effetti delle malattie metaboliche sulla salute del cervello si sono concentrati sui pazienti stessi. «La nostra ricerca sottolinea come problemi metabolici durante la gravidanza possano ridurre la “plasticità” del cervello anche nelle generazioni successive, compromettendone l’apprendimento e la memoria», sottolinea il professor Grassi.
Lavorando su modelli animali di diabete gestazionale i ricercatori hanno osservato che i cuccioli delle femmine con diabete in gravidanza avevano ridotte capacità di apprendimento e memoria, come pure i “nipoti” e i “pronipoti”, insomma il diabete in gravidanza incide sulle capacità cognitive di tre generazioni. Gli esperti hanno visto che il diabete gestazionale lascia il segno sul DNA dei cuccioli, alterando il funzionamento di alcuni geni “vita natural durante”. Infine, i ricercatori hanno anche compreso che a questa alterazione dell'attività dei geni corrisponde la carenza nel cervello dei cuccioli di un fattore essenziale per lo sviluppo e il funzionamento del cervello stesso, il fattore di crescita BDNF. Infatti, quando gli scienziati hanno ripristinato concentrazioni adeguate di BDNF nel cervello dei topolini, questi hanno recuperato le funzioni cognitive deficitarie.
In questo studio, racconta nel dettaglio il dottor Salvatore Fusco, Istituto di Fisiologia Umana dell’Università Cattolica e primo autore del lavoro, «abbiamo visto come una dieta ricca di grassi saturi produca insulino-resistenza nella madre e trasmetta alla prole delle “impronte molecolari” che interferiscono con il funzionamento del cervello». Queste modificazioni “epigenetiche” inibiscono la produzione di BDNF, che svolge un ruolo fondamentale per la trasmissione delle informazioni tra le cellule nervose causando, in tal modo, deficit cognitivi.
«La buona notizia è che questa condizione può essere cancellata adottando un corretto stile di vita – aggiunge il professor Grassi -. Infatti, l’esercizio fisico e l’allenamento mentale sono in grado di correggere il danno, ripristinando le performance cognitive e interrompendo la trasmissione dello stesso alle generazioni successive mediante un’azione esercitata sui medesimi bersagli molecolari alterati dall’insulto metabolico».
«Riteniamo che i risultati delle nostre ricerche abbiano rilevanti implicazioni cliniche, in quanto tracciano una mappa delle “modificazioni epigenetiche” che le malattie metaboliche possono imprimere sul nostro DNA influenzando le funzioni cerebrali dei nostri discendenti – concludono i ricercatori dell’Università Cattolica, campus di Roma, che hanno presentato lo studio in anteprima al congresso della Society for Neuroscience in corso a Chicago -. Queste “impronte molecolar” costituiscono un fattore di suscettibilità al declino delle funzioni cognitive, quindi potrebbero rappresentare nuovi biomarcatori, nonché bersagli terapeutici per la medicina personalizzata dei disturbi cognitivi. Le nostre ricerche evidenziano, infine, la necessità di prestare la massima attenzione al diabete in gravidanza, per i potenziali danni che questa condizione può generare a carico delle capacità di apprendimento e memoria della prole».